domenica 16 novembre 2014

SE I BAMBINI NON MANGIANO FRUTTA E VERDURA



Molti bambini e parecchi ragazzi (non tutti, per fortuna) non amano mangiare la frutta e la verdura. Non è una novità e con questo dato di fatto si scontrano genitori e insegnanti. Almeno quelli che si pongono il problema, dato che è noto da tempo che il consumo regolare di questi alimenti vegetali (4-5 volte al giorno suggeriscono le autorità sanitarie internazionali) è collegato alla riduzione del rischio per molte patologie acute (raffreddori, influenze, ecc.) e per diverse malattie croniche e degenerative come, ad esempio, l’infarto cardiaco, l’ictus cerebrale, il diabete, l’osteoporosi, l’asma, le allergie, alcuni tumori, ecc. Tra l’altro, gran parte di queste patologie si manifestano in età adulta, ma mettono radici nell’organismo molto presto. Anche per questo è importante che i bambini e i ragazzi adottino il più presto possibile buone abitudini alimentari. Incluso il consumo regolare di un piatto di ortaggi crudi come apertura del pranzo e della cena e di un paio di frutti di stagione negli spuntini.
Fin qui la teoria, ma il passaggio alla pratica per chi è responsabile dell’educazione e dell’alimentazione dei minori non è sempre facile. I quali, alla proposta di mangiare frutta, verdure o minestroni, rispondono spesso con un deciso diniego, giustificato con motivazioni molto varie. Vediamo allora qualche suggerimento per avviare i bambini e i ragazzi alla buona abitudine di consumare vegetali freschi e all’adozione di una dieta salutare.

Non proibite, non minacciate
Non credo produca buoni risultati adottare il metodo delle proibizioni, delle forzature o addirittura delle minacce. Che funzionano solo per pochissimo tempo. Soprattutto se, ed è inevitabile, gli interessati “mangiano la foglia”. Ecco qualche esempio di frasi assai comuni, ma francamente poco utili: “Smettila di piluccare! Il pane si mangia solo dopo la pasta! Devi mangiare di tutto! Devi mangiare tutto! Sbrigati! Svelto perché si raffredda! Le carote ti fanno bene! Se mangi l’insalata ti do il gelato”.

Curare l’orto è un buon metodo
Le cose vanno generalmente meglio se i bambini possono sperimentare non solo l’assaggio del piatto pronto, ma anche la preparazione e, quando possibile, la coltivazione di frutta e verdure. A questo proposito, esperienze recenti (tra le molte, anche italiane, quella della scuola inglese St Andrew's School a Shifnal, Shropshire, www.st-andrews-shifnal.co.uk) testimoniano che far seminare le carote ai bambini, raccoglierle al punto giusto con le proprie mani e prepararle per il consumo con l’aiuto degli educatori e, in particolari occasioni, anche dei genitori è il miglior modo per far aumentare il consumo di questo importante ortaggio durante la refezione scolastica. Il responsabile del servizio mensa della St Andrew's School afferma con decisione: "Si possono servire a 100 bambini le carote persuadendoli a mangiarle, se anche solo due di queste sono state coltivate nel giardino della scuola". Una strategia che probabilmente si rivela più efficace del raccontino (incomprensibile per i più piccoli e lontano mille miglia dalla sensibilità degli adolescenti) sull’utilità delle carote per la salute. Gli scolari inglesi non mangiano volentieri le carote perché “fanno bene”, ma perché sono buone e croccanti e, soprattutto, sono il frutto del loro impegno (e del loro divertimento).
Il suggerimento è dunque evidente: genitori e nonni (e insegnanti, quando possibile) è bene che coinvolgano figli e nipoti nella coltivazione dell’orto. Ma anche nell’impasto e nella cottura di torte e biscotti e nella preparazione del minestrone.

Le abitudini famigliari sono importanti
È evidente che il ruolo educativo dei genitori (se lo vogliono esercitare) e le buone abitudini osservate in famiglia hanno una fondamentale importanza nel formare lo stile di vita dei figli. Se fosse necessario, lo testimonia una ricerca pubblicata qualche anno fa su una rivista di scienze sociali e salute (Social Science & Medicine 2009;68:1416-1424). I bambini e i ragazzi che a casa mangiano più frutta e verdura sono coloro che ne consumano di più anche quando pranzano alla mensa della scuola. Insomma, non dovrebbe accadere quanto riferito da alcune maestre. Che alla domanda: “Vedo che a scuola mangi volentieri l’insalata. La mangi anche a casa?” si sentono rispondere: “No, perché la mamma non me la dà mai”.
I genitori sono molto importanti più per quello che fanno (e che fanno fare) che per quanto dicono.

Fate conoscere i contadini
Portate i bambini (i ragazzi no, si scocciano) anche a fare la spesa. Non al supermercato, un ambiente fatto apposta per mettere insoddisfazione e instillare desideri artificiali. Da placare acquistando, naturalmente. Accompagnateli piuttosto dai contadini e dagli ortolani vostri fornitori. Con semplicità, saranno informati sulla provenienza del cibo, conosceranno chi lo produce, comprenderanno meglio le risorse del proprio territorio, impareranno a valutare freschezza, sapore, aspetto degli alimenti. Vi ringrazieranno (forse) quando saranno adulti, ma voi sarete certi di aver fatto qualcosa di buono per la loro salute, la loro autonomia e la loro felicità.

Quando i genitori sono vegetariani (e i figli no)
Oppure: “Quando i genitori amano camminare nel verde (e i figli no)”. E ancora: “Quando i genitori amano vestire i figli alla marinara (e i figli no)”. Ma anche: “Quando i genitori vanno pazzi per le verdure cotte (e i figli no)”.
Potrei continuare per una pagina intera. I genitori per decenni di fatto scelgono per conto dei figli. Senza aspettarsi che questi siano sempre d’accordo. Lo fanno spesso anche su aspetti non secondari, che avranno inevitabilmente conseguenze (positive o meno) sulla vita dei pargoli. Ne faccio un breve elenco, ma voi potreste completarlo e personalizzarlo: l’allattamento, le vaccinazioni, il tipo di scuola, come trascorrere le vacanze, l’uso delle chiavi di casa, la cerchia degli amici, i riti del pasto, le feste famigliari, l’abbigliamento, la gestione e l’intensità dei rapporti sociali, l’abitudine alla lettura, lo spazio e il tempo dedicati alla televisione e al computer, ecc. Su tutte queste questioni e su molte altre (compresa, ovviamente, la decisione di essere vegetariani) è inevitabile che i genitori facciano scelte per conto dei figli. Avete per caso domandato la loro opinione sul tema delle vaccinazioni? No. Vi siete informati e confrontati con amici ed esperti, avete discusso tra voi due e poi, con determinazione e accettando un margine di incertezza, avete optato per la scelta che vi sembrava migliore (oppure, semplicemente, per il male minore).

Le spiegazioni non sono (sempre) necessarie
Se avete deciso di non mangiare carne, non credo sia necessario o opportuno che spieghiate al vostro pargolo le motivazioni. Rischiereste di incartarvi in elucubrazioni che potrebbero essere poco comprensibili, fonte di ansia o semplicemente smontate con facilità da un figlio particolarmente precoce e amante della logica. La carne fa male? E il nonno che la mangia tutti i giorni? E gli amici che hanno sempre il panino con il salame nello zaino? Si ammaleranno presto? E così via. Fate piuttosto quello che vi sembra giusto o opportuno. Le spiegazioni verranno dopo. Quando? Ad esempio quando arriveranno le prime domande. Perché noi non mangiamo mai carne? Questa nel piatto è la gamba del pollo? Ma allora è morto? Chi l’ha ucciso? Gli hanno fatto male? Le risposte non sono evidentemente facili, sia per i genitori vegetariani che per gli onnivori. Credo tuttavia che le nostre parole dovrebbero sempre contenere pietà e compassione per gli animali, ma anche profondo rispetto per chi, in campo alimentare, fa una scelta diversa dalla nostra. Certo, più avanti con l’età (alle soglie dell’adolescenza, ad esempio) le motivazioni delle nostre scelte dovranno essere più articolate e solide. E, a questo punto, aperte al confronto e alla libera scelta dei figli. Che magari è in contrasto con quella dei genitori. Auspicabilmente in contrasto, oserei dire. Che altro strumento hanno gli adolescenti per avviarsi all’autonomia e all’età adulta se non contestare e contraddire, in quel momento, le scelte dei genitori? Tuttavia, credo sia opportuno che i genitori, a loro volta, dimostrino sì accoglienza e comprensione per opinioni e valutazioni diverse, ma confermino anche la solidità delle loro scelte.


(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)




Ai fornelli. Assieme

Saper cucinare è buono per la salute e per l’equilibrio psicofisico di un adulto? Penso di sì. La nostra abilità nel preparare il cibo, nel realizzare una certa ricetta e nel procurarci gli ingredienti necessari può influenzare le nostre scelte nutrizionali (e quindi anche la nostra salute). Ma anche la nostra autostima e la capacità di risolvere problemi. Chi abitualmente consuma cibi già pronti o semilavorati, che richiedono solo una preparazione domestica minima, generalmente ha una dieta la cui varietà e qualità nutrizionale sono scadenti. Avviate precocemente i bambini alla pratica della cucina. Incoraggiate e valorizzate la voglia dei ragazzi di collaborare alla preparazione di qualche pietanza. Accettando di buon grado rallentamenti, piccole complicazioni, talvolta anche risultati non ottimali. Teneteli vicino a voi quando preparate il pranzo, fateli trafficare con gli ingredienti e i fornelli, mostrate quali sono i comportamenti prudenti (per non tagliarsi, per non scottarsi, per non rovesciare tutto), confidate loro i vostri piccoli trucchi e la vostra esperienza gastronomica. Sono lì che aspettano. A bocca aperta.

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