martedì 17 giugno 2014

RISO INTEGRALE E ALTRO



Qualche tempo fa ho partecipato ad una giornata di studio su “Alimentazione e salute”. I relatori erano ricercatori delle università di Verona, Modena, Bologna, Firenze, ecc. Ho imparato cose nuove e ho avuto ulteriori conferme scientifiche su questioni già note. Che vorrei condividere con voi, semplicemente trascrivendo alcuni miei appunti.

La parte più esterna del chicco dei cereali (quella che viene eliminata con la raffinazione) contiene più sostanze antiossidanti dei frutti rossi. I frutti rossi (o piccoli frutti) sono considerati una delle fonti più abbondanti di sostanze protettive.

Il riso nero e quello rosso sono i campioni per contenuto di sostanze antiossidanti, in particolare di antociani (presenti anche nelle bucce dell’uva, soprattutto nera). Sono contento anche perché da qualche tempo ho preso l’abitudine di aggiungere al riso integrale il 25-30% di riso nero.

Gli alimenti lattofermentati hanno un ruolo molto importante nel mantenimento dell’equilibrio della flora batterica intestinale. A questo proposito, sono stati citati espressamente, (oltre all’arcinoto yogurt) i tradizionali derivati fermentati della soia: tamari, shoyu, miso.

La celiachia e l’intolleranza al glutine non sono definibili in modo rigido, trattandosi di sindromi (cioè di un insieme di sintomi/disturbi) che dipendono per il loro manifestarsi da cause genetiche, ma anche da altri fattori (stile di vita, ambiente) che favoriscono (o impediscono) ai geni di manifestare le loro informazioni. In effetti la celiachia, contrariamente a quanto si pensava un tempo, si può manifestare a qualsiasi età. Questo significa semplicemente che la presenza del gene specifico non è sufficiente per provocare la malattia, ma servono altri fattori che ne consentano l’attività. E che sul lungo periodo uno stile di vita adeguato/inadeguato fa in realtà la differenza.

Sempre a proposito di glutine, la lunghezza della fermentazione nella preparazione del pane ne migliora la digeribilità e la tolleranza da parte della parete intestinale e del sistema immunitario. Bene dunque la lievitazione con pasta acida (12-18 ore), male quella troppo rapida con lievito di birra (1-2 ore).

Siamo fatti più di batteri che di cellule. Infatti nel nostro corpo ci sono da 10mila a 100mila miliardi di cellule e, nello stesso tempo, ospitiamo una quantità da 10 a 20 volte superiore di batteri. Che ci tengono vivi. Grazie batteri.

Per finire, la mancanza di movimento provoca nel mondo più morti che il fumo di sigaretta.

A proposito di lievitazioni lunghe, ecco una semplice schiacciata che darà il meglio di sé dopo almeno una notte di lenta fermentazione.



Schiacciata di farro con capperi, olive e rosmarino (circa 4 porzioni)



400 g di farina di farro semintegrale 

200 g di lievito madre

350 g di acqua

15 olive snocciolate

2 cucchiai di capperi sotto sale

1 cucchiaio di rosmarino fresco tritato

4 cucchiai di olio extravergine d’oliva

1 cucchiaino di sale fino



Impastate la farina con il lievito madre e l’acqua. Otterrete una palla morbida. Mettetela in una ciotola capiente, coperta da un panno umido. Fate lievitare nel forno spento per 12 ore (una notte). Il mattino dopo, riprendete l’impasto, unite il sale, 3 cucchiai d’olio e il rosmarino e impastate nuovamente. Coprite la teglia con carta forno, disponete l’impasto e lasciare lievitare ancora per dieci minuti. Scaldate il forno a 180 °C (mettete nel forno una scodella con dell’acqua: renderà l’ambiente più umido e favorirà la cottura). Spargete sulla pasta le olive snocciolate e i capperi dissalati e fate cuocere per 20 minuti. Sfornate e cospargete la superficie della schiacciata con un cucchiaio d’olio.

(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)


mercoledì 11 giugno 2014

DICE LA CIA...



Perfino la Cia se n’è accorta. Nel rapporto che la nota agenzia di spionaggio USA mette a disposizione del presidente all’inizio del suo mandato ci sono soprattutto valutazioni, giudizi e prospettive di geopolitica e di economia che riguardano tutto il mondo. Ovviamente osservato dal parzialissimo punto di vista della difesa degli interessi degli Stati Uniti. D’altra parte, non potrebbe essere diversamente, visto che i cervelloni della CIA sono pagati per questo. Nel rapporto (sulla scrivania di Obama nel gennaio 2013) ci sono alcune considerazioni che riguardano anche noi. La CIA, infatti, mette per iscritto quanto in molti affermano ad alta voce da parecchi anni. Ad esempio, secondo la CIA, una delle risorse che si stanno esaurendo più velocemente è l’acqua dolce. Un fatto che renderà più probabile lo scatenarsi di conflitti “idrici”, visto che nel 2030 l’Agenzia governativa USA prevede che il 60% della popolazione mondiale avrà problemi di accesso a questa risorsa fondamentale. Ancora, la CIA prevede che nei prossimi decenni triplicherà (passando da uno a tre miliardi) la quota della popolazione mondiale che migliorerà decisamente il suo tenore di vita. Una affermazione che, se si rivelerà veritiera (prevedere il futuro è sempre assai difficile, sia per i cervelloni che per i cartomanti), porterà come conseguenza grosse mutazioni nelle abitudini alimentari. In particolare, tenderà ad aumentare su scala mondiale il consumo di carne. Con l’intuibile aggravarsi della crisi ambientale, visto che l’allevamento intensivo di animali da carne (bovini, maiali, pollame) è una delle attività che più contribuiscono allo squilibrio ambientale attraverso un consumo esagerato di acqua, di suolo, di energia e la produzione di gas serra.
Ecco un piatto a ridotto impatto ambientale.
 
Taboulé

2 bicchieri di bulghur
4 bicchieri di acqua
3 pomodori maturi
2 cipollotti
1 limone
2 cucchiai di prezzemolo tritato
4 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
Sale
Un cespo di lattuga

Si tratta di un modo di consumare il frumento assai adatto alla stagione e che ci consente di cambiare il nostro approccio a questo cereale tradizionale rispetto alla classicissima spaghettata. L’ingrediente di base è appunto il bulghur, grano duro fatto leggermente germogliare, cotto al vapore, lasciato asciugare e poi macinato grossolanamente. Il taboulé si trova sulle tavole arabe e mediorientali, ma può trovare spazio anche sulla nostra. La sua preparazione è rapida e semplice e i tempi di cottura veramente ridotti al minimo. Dà il meglio di sé (e non è poco, di questi tempi) quando è consumato a temperatura ambiente. Mettete a bagno il bulghur nell’acqua fredda per 30 minuti. Aggiungete il sale e fate sobbollire a pentola coperta per 15 minuti. Lasciate riposare ancora per 10 minuti e poi sgranatelo in una terrina aggiungendo l’olio. Tagliate i pomodori a dadini, affettate il cipollotto e unite tutto al bulghur. Completate con il prezzemolo e il succo di limone, mescolate e fate riposare per un’oretta in frigorifero. Servite su piatti ricoperti da una foglia di lattuga lavata e asciugata.

(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)


venerdì 6 giugno 2014

LE "GRANDI OPERE" CHE CI PIACCIONO (A PROPOSITO DEL MOSE)

Quattro anni di lavoro, un investimento che non ha precedenti nella storia di un percorso ciclopedonale, decine di cantieri aperti in tutta la regione Toscana per la costruzione di ponti, marciapiedi, corsie protette, attraversamenti pedonali, centinaia di cartelli posati lungo i 380 km che vanno dal Passo della Cisa al torrente Elvella, a sud di Radicofani. Questi i numeri della Via Francigena toscana, una Grande Opera che anziché devastare il paesaggio lo valorizza, agevolando la bassa velocità e la mobilità dolce. Si inaugura il prossimo 21 giugno a Lucca.
Buon cammino.

mercoledì 4 giugno 2014

AD OGNUNO LA SUA (A PROPOSITO DI KM ZERO)



Il suggerimento della dieta macrobiotica di preferire gli alimenti tipici del luogo dove si vive mi è sempre sembrato pieno di buonsenso. Cosa fanno gli animali selvatici, quelli che stanno bene e non hanno bisogno di medicine e di veterinari? Mangiano quello che la natura rende disponibile in quel momento e in quel luogo. Un comportamento non molto diverso da quello adottato anche dalla specie umana, almeno fino a qualche decennio fa. Oggi si dice “cibo a km0” per indicare l’opportunità (per la salute, l’ambiente, l’economia) di consumare alimenti locali e di stagione. In fondo, un modo aggiornato per definire lo stesso comportamento suggerito dalla macrobiotica. Mi sono sempre domandato se la salutare dieta mediterranea fosse adatta anche a quelle popolazioni che, vivendo nelle regioni settentrionali del nostro continente, non dispongono dei cibi tradizionali mediterranei. Spaghetti al pomodoro, cuscus con ceci, parmigiana di melanzane anche lungo il circolo polare artico? Sembra proprio non sia necessario. I risultati di uno studio effettuato su circa 5000 finlandesi e pubblicato nel 2012 sul British Journal of Nutrition confermano che coloro che adottano la dieta tradizionale di quei territori (basata su mele e frutti rossi, radici, cavoli, orzo, pane di segale e di avena, latte e derivati parzialmente scremati, olio di colza, salmone e aringa, con riduzione/esclusione di carni rosse, salumi, burro e alcol) mantengono un peso più fisiologico e un minor rischio di patologie metaboliche e degenerative. 

(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)