giovedì 26 marzo 2020

CORONAVIRUS: CI SI PUO' DIFENDERE ANCHE A TAVOLA?


Sul settimanale ecologista L'ExtraTerrestre, supplemento al numero odierno de Il Manifesto, un mio contributo sulle possibilità offerte dall'alimentazione per il rafforzamento dell'organismo e del sistema immunitario. Lo potete leggere qui.

martedì 24 marzo 2020

CUCINIAMO, ALMENO ADESSO CHE ABBIAMO PIU' TEMPO

Ci diamo tanto da fare per scrutare e interpretare le etichette degli alimenti. Tutto bene, naturalmente: sulle etichette si possono trovare molte informazioni che aiutano a orientare le nostre scelte di acquisto. Tuttavia, almeno per quanto riguarda la salubrità dell’alimento, la questione sembrerebbe stare a monte della chiarezza e veridicità delle etichette. Almeno a leggere i risultati di un importante studio  francese che ha coinvolto dal 2009 al 2017 oltre centomila persone (trovate tutto su British Medical Journal 2018;360:k322). I dati sono limpidi: il consumo di cibi processati, che rappresentano ormai mediamente da un quarto alla metà delle calorie assunte ogni giorno, aumenta del 10% il rischio di cancro e in particolare di quello della mammella. Che significa “processati”? Che sono il risultato di un processo tecnologico come, ad esempio, prodotti industriali da forno, dolciumi, snack, cereali zuccherati per prima colazione, bevande gassate, cibi pronti e carni lavorate e conservate (salumi, scatolame…), ecc. Si tratta, come potete intuire, di alimenti di facile reperibilità e a basso costo, ma di scarsa qualità nutrizionale: contengono troppi grassi, specialmente saturi, zucchero e sale, mentre sono poveri di fibre e di vitamine. Se non bastasse, contengono additivi e sostanze che derivano dai materiali della confezione, mentre altre si formano durante il processo produttivo, alcune delle quali potenzialmente cancerogene (acrilamide, amine eterocicliche, idrocarburi aromatici policiclici). Insomma, leggere le etichette va bene, ma ancora meglio è cucinare da sé il proprio cibo, partendo da ingredienti semplici, “di base” e non etichettati. Ricordiamocene, in tempi di permanenza forzata in casa, con più tempo a disposizione. Utilizzabile anche per perfezionare le nostre abilità culinarie, per sperimentare la cottura di piatti ritenuti "troppo complicati", per ampliare le nostre scelte e le nostre vedute. Anche gastronomico-nutrizionali. 

giovedì 19 marzo 2020

APPELLO PER LA SOPRAVVIVENZA DELLE AZIENDE AGRICOLE DI PRODUZIONE BIOLOGICA

Faccio mio questo importante appello che proviene dai contadini biologici, produttori della maggior parte del cibo che ci mantiene in vita, anche e soprattutto in tempi di epidemia:
"In questo periodo,  molti Sindaci di Comuni hanno adottato provvedimenti particolarmente restrittivi in materia di contrasto al coronavirus, arrivando al divieto di  vendita dei prodotti alimentari all’interno dei mercati e delle zone dedicate ai produttori agricoli.
Pur comprendendo le motivazioni  di tali scelte, derivanti evidentemente dal lavoro straordinario richiesto alle Amministrazioni locali e al personale che deve garantire i controlli, in qualità di titolare di  una azienda agricola condotta con metodi biologici e che opera prevalentemente con la vendita diretta, rilevo con preoccupazione che la mancata possibilità di poter svolgere tale attività, sebbene garantita dai recenti Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, stia provocando conseguenze pesanti in termini economici.
Faccio presente che l’azienda che rappresento, durante lo svolgimento degli ultimi mercati a cui ha partecipato, ha adottato tutte le precauzioni utili ad evitare gli assembramenti e che i clienti, pazientemente, hanno aspettato in fila il proprio turno.
Nonostante ciò non è più possibile, a causa del divieto di vendita anche in zone marginali, poter offrire ai clienti dell’azienda le primizie appena raccolte, particolarmente attese dopo la stagione invernale, che potrebbero portare un po’ di consolazione e nutrimento essenziale alla funzionalità dell’organismo, durante l’isolamento forzato che tutti dobbiamo sopportare.
Sembra che i nostri clienti debbano accontentarsi di cibo prevalentemente a lunga scadenza proveniente esclusivamente da supermercati, ma immagino che riducendo il numero di punti vendita, il pericolo di assembramento aumenti, concentrando gli acquirenti nei pochi esercizi rimasti in attività e forse il rischio di contagio non è minore in ambienti chiusi, piuttosto che all’aperto. 
Oltre al dispiacere enorme che provo nel vedere prodotti agricoli che deperiscono, voglio esprimere la mia preoccupazione per non poter garantire ai miei collaboratori, magari assunti da poco, la continuità nel rapporto di lavoro e per dover sostenere interamente i costi dell’attività con incassi notevolmente ridotti o quasi inesistenti. In questa situazione, mentre la Grande Distribuzione aumenta il fatturato del 50% le aziende agricole che effettuano la vendita diretta rischiano il fallimento.
Comprendendo che nei momenti di emergenza non è possibile tenere conto, nelle scelte strategiche, di tutte le esigenze, invito a una riflessione sulle considerazioni espresse e mi auguro che la vendita diretta dei prodotti agricoli su aree pubbliche sia nuovamente possibile in quanto tale attività, per noi agricoltori che operiamo nel biologico da molti anni e abbiamo finalizzato la nostra produzione alla vendita diretta, non rappresenta una situazione folcloristica, ma una vera necessità di sopravvivenza economica.
Se e quando questa situazione problematica avrà fine, non saranno le “immissioni di liquidità” a determinare la ripresa, ma la capacità, la volontà, la resistenza e l’autonomia imprenditoriale di contadini, artigiani, piccole e medie aziende che operano a livello locale; ma solo se nel frattempo non saranno annientate definitivamente.  
Ringrazio molto per l’attenzione e spero nell’interessamento di coloro che hanno il compito di assumere decisioni per la cittadinanza, per poter trovare insieme delle soluzioni".  

mercoledì 18 marzo 2020

CUCINARE, SOPRATTUTTO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS


Leggo, ben in evidenza all’ingresso del reparto di un supermercato dedicato alla vendita di alimenti surgelati: “Meno tempo in cucina, più tempo per te”. Una affermazione che evidentemente solletica chi pensa che quelle passate in cucina siano ore sottratte ad attività più gratificanti e utili. Non è proprio così e chi ha scritto quella frase evidentemente non è al corrente degli studi che testimoniano che il tempo dedicato alla preparazione del pasto è direttamente proporzionale alla qualità della dieta. In altri termini, più cala il tempo dedicato alla cucina, più in famiglia aumenta il consumo di bibite zuccherate, di alimenti di scarsa qualità, di prodotti da forno industriali e di piatti precotti. Si riduce anche la presenza sulla tavola di frutta e verdure fresche e aumenta l’obesità nei figli. A proposito di bambini, una indagine su 3400 bambini di cinque diverse scuole elementari canadesi (Public Health Nutrition 2012 May 11:1-5) ha osservato che quando i piccoli sono coinvolti nell’attività di cucina aumentano i consumi di frutta e verdura mentre la salubrità della dieta migliora. Analoghi risultati sono stati riscontrati in una diversa ricerca effettuata su persone adulte. Poiché la buona qualità della dieta produce salute e benessere, cucinare si traduce (al contrario di quanto affermato dai pubblicitari) in una riduzione del tempo (e del denaro) dedicato a curarsi, fare accertamenti diagnostici, prenotare visite specialistiche, assumere farmaci, ecc. Chi deve vendere fa evidentemente il suo mestiere. Voi però cucinate, specialmente ai tempi del coronavirus.

giovedì 12 marzo 2020

TARASSACO


Non è ancora chiaro se, di questi tempi, sia consentito gironzolare per un prato a raccogliere erbe selvatiche. Magari da soli, per rispettare i decreti del governo. Spero proprio di si. Anche perché, in fondo, si tratta pur sempre di procurarsi del cibo. Attività senz'altro permessa. Potete leggere qui un mio contributo sul tarassaco, benefico per il fegato e non solo.

giovedì 5 marzo 2020

ZUCCHERO, GRAVIDANZA E ASMA


Uno studio condotto presso la Harvard Medical School di Boston (USA) e pubblicato online l’8 dicembre 2017 sulla rivista Annals of the American Thoracic Societysottolinea nuovamente l’importanza (negativa) per la salute del consumo di bevande zuccherate. I bambini in età scolare che consumano molte bevande con zuccheri aggiunti, ma anche i figli di madri che hanno bevuto in eccesso queste bibite in gravidanza avrebbero una maggiore probabilità di soffrire di asma. Intervistando mille coppie madri-figli, i ricercatori hanno scoperto che le donne che consumavano più bevande con zuccheri aggiunti durante la gravidanza avevano il 70% in più di probabilità di avere un figlio asmatico rispetto alle madri che consumavano raramente queste bevande. Anche la dieta dei bambini (7-9 anni) si è rivelata importante: coloro che consumavano più bevande con fruttosio (assai usato nell’industria alimentare e con effetti problematici sul metabolismo) avevano il 79% in più di probabilità di sviluppare asma rispetto a chi ne consumava più raramente. Ammettono i ricercatori di non sapere ancora quale sia il meccanismo preciso con il quale le bevande addizionate con zuccheri facciano aumentare il rischio di asma. Una ipotesi ragionevole, tuttavia, è che queste bevande aumentano l’infiammazione, che influenzerebbe a sua volta lo sviluppo dei polmoni nei bambini. Oltre al fatto che le bevande e gli alimenti integrati con zucchero fanno aumentare il rischio di obesità, una condizione correlata all’asma.