martedì 29 aprile 2014

DIETA VEGETARIANA PER I BAMBINI



La dieta vegetariana è adatta per gli organismi in crescita come bambini e adolescenti? Si tratta di un tema che interessa molti genitori ed educatori, visto che in Italia si calcola che dai 6 ai 10 milioni di persone siano vegetariane o comunque abbiano ridotto fortemente il consumo di carne e pesce. Inchieste e servizi giornalistici talvolta, invece di informare e di rassicurare (anche sulla scorta di una mole ormai imponente di studi scientifici su questo tema), risvegliano inquietudini e perplessità circa improbabili carenze alle quali sarebbero soggetti bambini e adolescenti vegetariani. In realtà, tra pediatri, medici e nutrizionisti (almeno tra quelli che si mantengono aggiornati e che ragionano senza pregiudizi) si respira una certa aria di tranquillità. La dieta latto-ovo-vegetariana è infatti da tempo considerata perfettamente adatta alle esigenze nutrizionali della specie umana in tutte le fasi della vita, dall’infanzia alla maturità e fino alla vecchiaia.

L’ADA è favorevole
È ben conosciuta la posizione dell’American Dietetic Association-ADA favorevole alla dieta vegetariana. L’ADA è la principale organizzazione dei professionisti dell'alimentazione e della nutrizione degli Stati Uniti ed è una tra le più autorevoli al mondo. Una posizione, quella dell’ADA, non ideologica, ma basata sull’attenta valutazione degli ormai numerosissimi studi scientifici che testimoniano la validità della dieta vegetariana in ogni fase della vita. È inoltre convinzione dell’ADA che anche la dieta vegana (la quale esclude, oltre alla carne e al pesce, anche tutti gli alimenti di origine animale come latte, formaggi e uova), pur con qualche attenzione a possibili carenze, possa essere proposta senza problemi a bambini e adolescenti. Se volete leggere la versione italiana del documento dell’ADA (Position of the American Dietetic Association: Vegetarian Diets; pubblicato sulla rivista scientifica Journal of American Dietetic Association 2003;103:748-765) potete andare sul sito www.scienzavegetariana.it

I dubbi
Nonostante le conferme scientifiche siano ormai evidenti, sulla dieta latto-ovo-vegetariana sono diffuse alcune perplessità e qualche pregiudizio, soprattutto quando è proposta ai bambini e ai soggetti in crescita. Perplessità e pregiudizi sostanzialmente infondati, come vedremo. Mentre invece la proposta vegana, una scelta assolutamente rispettabile dal punto di vista etico e ambientale, se proposta a bambini e adolescenti rischia di esporre a qualche carenza, in particolare di vitamina B12. Tuttavia a questo proposito l’ADA, nel documento citato, afferma espressamente che “Le diete vegane ben bilanciate ed altri tipi di diete vegetariane risultano appropriate per tutti gli stadi del ciclo vitale, ivi inclusi gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia ed adolescenza”.

Una dieta ben bilanciata
Che significa “dieta ben bilanciata”? Semplice: che la scelta di adottare una dieta vegetariana o vegana per voi e i vostri figli è vostra e solo vostra. La farete per motivazioni etiche (rispetto degli altri esseri viventi), salutari (assicura benessere e riduce il rischio per molte patologie croniche e degenerative), ambientali (la produzione di carne mediante allevamenti intensivi è ad altissimo impatto ambientale) e per molte altre vostre e personalissime ragioni. Fatto questo, tuttavia, per non commettere errori dovuti a disinformazione e errate convinzioni, è indispensabile che vi confrontiate con un medico esperto in questo tipo di alimentazione (ne trovate un lungo elenco sul sito della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana-SSNV www.scienzavegetariana.it). Questi professionisti sapranno consigliarvi al meglio con competenza e chiarire i vostri dubbi, anche con pareri scientificamente fondati. Vediamone alcuni.

È vero che se mio figlio non mangia la carne, rischia una carenza di proteine?

No. L’affermazione che la carne sia una fonte proteica ha ovviamente un qualche fondamento (la carne contiene circa il 18% di proteine). Tuttavia, la trasformazione in un principio assoluto (“se hai bisogno di proteine devi mangiare la carne”) cozza contro molte evidenze scientifiche. Quello appena enunciato è un principio che ha sostanzialmente governato indisturbato per molti decenni la scienza dell’alimentazione e che si è rivelato del tutto falso. Ad esempio, i derivati del latte e le uova (alimenti consumati in una dieta vegetariana) contengono proteine di qualità eccellente e migliore (le uova) di quelle della carne. E i vegani, che non mangiano latte e uova? In realtà, a patto che gli alimenti vegetali (cereali integrali, legumi, semi oleosi) vengano consumati in modo variato e che venga soddisfatto il fabbisogno energetico, le proteine vegetali sono perfettamente in grado di soddisfare i fabbisogni nutrizionali. Caso mai, come suggerisce l’ADA, la più bassa assimilabilità delle proteine vegetali deve far aumentare la razione proteica dei bambini vegani del 30-35% dallo svezzamento fino all'età di 2 anni, del 20-30% per i bambini di età compresa fra i 2 ed i 6 anni, e del 15-20% al di sopra dei 6 anni di età.
Si tenga conto che le proteine della soia sono in grado di soddisfare il fabbisogno proteico esattamente come le proteine animali. Nel piatto dei bambini la soia ci può arrivare sotto forma di legume ben cotto e passato, di tofu (“formaggio” di soia), di miso (pasta fermentata di soia e cereali, da aggiungere in piccola quantità a zuppe e minestre), di farina di soia da integrare nell’impasto della pizza, dei biscotti e del pane preparati in casa. Abbiate cura anche di proporre giornalmente a bambini e ragazzi i semi oleosi (noci, mandorle, nocciole, ecc.), ricchi di proteine (15-20%): si tratta di alimenti generalmente graditi, facili da consumare e che possono arricchire la prima colazione, completare un piatto di cereali, sostituire snack poco salutari.

È vero che se non propongo ai miei figli la carne, non avranno abbastanza ferro nell’organismo e rischieranno di diventare anemici?

Anche a questa domanda possiamo rispondere con un no. È effettivamente vero che l’assorbimento intestinale del ferro, nelle diete basate in gran parte o esclusivamente sui vegetali, può essere un passaggio critico. I vegetali contengono un tipo di ferro molto più sensibile di quello contenuto nella carne sia alle sostanze che inibiscono che a quelle che ne facilitano l'assorbimento. Le fibre vegetali (e i fitati contenuti), il calcio, il tè e il caffè ostacolano l’assorbimento del ferro. La vitamina C ed altri acidi organici presenti nella frutta e nella verdura, al contrario, ne aumentano l'assorbimento e, di fatto, compensano l’effetto dei fitati. Per non spaventarsi inutilmente è bene in ogni caso tener conto che l’aumento del consumo di fibre e fitati (sotto forma di legumi, ad esempio) è sempre accompagnato da un aumento dell’introduzione di ferro contenuto in questi alimenti; che alcune pratiche riducono la presenza dei fitati negli alimenti (la trasformazione dei semi in germogli, la fermentazione lenta del pane e della soia); che le verdure crude e la frutta, abbondanti nelle diete vegetariane, apportano vitamina C e acidi organici che aumentano l’assorbimento del minerale. In definitiva, nonostante il numero di anemici da carenza di ferro tra i vegetariani e i non-vegetariani sia sostanzialmente identico, è tuttavia prudente che i bambini (e adulti) vegetariani e vegani consumino regolarmente alimenti ricchi di ferro (ad esempio: germe di grano, fagioli, lenticchie, basilico, ceci, albicocche secche, farina di avena, prezzemolo, miglio, noci, ecc.). Un ultimo consiglio per i genitori con figli piccoli. Evitate di proporre ai neonati e ai bambini almeno fino ai 3 anni di età cibi ad alto contenuto di fibre e di crusca come i cereali integrali. Meglio per loro consumare i cereali raffinati, per mantenere elevati l’apporto energetico e l’assimilazione intestinale dei minerali presenti nei legumi e nelle verdure, ferro compreso.

Latte e formaggi sono ricchi di calcio. Chi non ne mangia ogni giorno compromette la crescita dell’organismo e aumenta il rischio futuro di osteoporosi?

L’introduzione di calcio nei latto-ovo-vegetariani è paragonabile a quella dei non-vegetariani e il problema, da questo punto di vista, non si pone nemmeno. Nella dieta vegana, invece, il consumo di calcio tende ad essere più basso delle dosi raccomandate. Tuttavia, è sbagliato affrontare il problema della presenza di calcio nell’organismo tenendo in considerazione solo le entrate. Occorre valutare attentamente anche le perdite di calcio dall’organismo. Le quali, se elevate, vanificano gli effetti positivi di una dieta ricca di questo importante minerale. È noto, ad esempio, che una dieta sovrabbondante di proteine animali (carne, pesce, uova e perfino formaggi) favorisce l’eliminazione del calcio dall’organismo. Lo stesso succede se si consumano regolarmente alimenti troppo ricchi di sale (come gli alimenti conservati e le patatine, ad esempio). In ogni caso, soprattutto i bambini e i ragazzi vegani devono rispettare le dosi raccomandate di calcio (circa 800-1000 mg al giorno). Non è così difficile, se la dieta comprende regolarmente alimenti che forniscono calcio facilmente assimilabile come alcune verdure (cavoli, broccoli, cime di rapa), la soia, il tofu e altri legumi, il muesli, i semi oleosi, le albicocche e i fichi secchi, la rucola, il basilico, il prezzemolo, la cicoria, il radicchio, ecc. Sono di aiuto, soprattutto nell’alimentazione infantile,  anche i cibi vegetali addizionati con calcio che si trovano facilmente in commercio: succhi di frutta, fiocchi di cereali per la colazione, latte di soia, ecc. È utile, infine, non proporre troppo spesso ai bambini alcuni ortaggi ricchi di ossalati come gli spinaci (sì, quelli di Braccio di Ferro), le barbabietole e le coste. Gli ossalati, infatti, possono interferire con l’assorbimento del calcio.

L’assenza di alimenti di origine animale dalla dieta può produrre una carenza di vitamina B12?

A questa domanda occorre rispondere affermativamente, poiché questa vitamina è contenuta esclusivamente negli alimenti di origine animale (carne, pesce, ma anche latte, formaggi e uova).
Ancora una volta, la dieta latto-ovo-vegetariana non è interessata da questo problema: qualche porzione di latticini e 1-2 uova alla settimana sono più che sufficienti per garantire un apporto adeguato di questa vitamina, la cui carenza provoca disturbi del sistema nervoso e una tipica anemia caratterizzata da globuli rossi più grandi del normale. I vegani (piccoli e adulti) come si devono dunque comportare? Devono consumare regolarmente cibi addizionati con B12 (alcuni tipi di latte di soia, alcuni lieviti alimentari e certi fiocchi per la prima colazione). Inoltre, è bene che si rivolgano al proprio medico che potrà effettuare un dosaggio della vitamina nel sangue e consigliare eventualmente l’assunzione di appositi integratori di vitamina B12.  

(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)  
 
Ecco il video di una mia conferenza sull'alimentazione vegetariana:


 


sabato 19 aprile 2014

I GERMOGLI IN PRIMAVERA



Mi sono dimenticato dei germogli, lo confesso. Per parecchio tempo ho preparato regolarmente nella mia cucina germogli con molti tipi di semi diversi: frumento, crescione, alfa-alfa, senape, riso, finocchio, ecc. Ad un certo punto, non ricordo il perché, questa positiva abitudine è passata nel dimenticatoio. Me ne sono ricordato recentemente quando, scavando nel computer alla ricerca di materiali per preparare un incontro serale sull’alimentazione integrale e biologica, è riaffiorata una diapositiva che invitava a consumare i germogli. Perbacco, mi sono detto: fra un paio di giorni vado a proporre i germogli come uno dei modi migliori per arricchire la dieta di sostanze vitalizzanti e protettive, mentre io non ne mangio da un bel po’. Ecco l’antefatto della mia rinnovata passione per i germogli. Da qualche settimana le insalate di casa sono integrate con qualche pizzico di semi germogliati. Se ne avvantaggiano il gusto e la salute.

In effetti, la germinazione provoca nei semi notevoli e profonde modificazioni: aumentano gli aminoacidi essenziali (componenti pregiate delle proteine), la disponibilità di elementi minerali assorbibili (ad esempio il ferro), il contenuto vitaminico, specialmente A, C e gruppo B. Inoltre, i tessuti in rapida moltiplicazione come i germogli sono le strutture biologiche più ricche di enzimi, proteine speciali che rendono possibile lo svolgersi delle reazioni chimiche. Senza enzimi, ad esempio, la digestione del cibo e la sua trasformazione in energia e in sostanze utili all'organismo (ma anche l'eliminazione delle scorie) sarebbe letteralmente impossibile. Il metabolismo, in altre parole, ha assoluta necessità di enzimi. Tanto che il mantenimento della giovinezza biologica del nostro corpo dipende anche dalla più o meno elevata disponibilità di enzimi.
Insomma, far germogliare dei semi nella vostra cucina significa avere a disposizione un alimento di straordinario valore biologico, di alta digeribilità e ad un prezzo estremamente basso.

Come fare i germogli in casa

Scegliete esclusivamente semi che provengano da coltivazioni biologiche. Evitate i semi delle solanacee (pomodori, peperoni, melanzane) che contengono delle sostanze potenzialmente tossiche. Mettete un paio di cucchiai di semi in un colino, sciacquateli abbondantemente sotto l'acqua corrente e inseriteli in un vaso di vetro (vanno benissimo quelli da un chilo utilizzati per il miele). Copriteli con 4-5 dita di acqua e chiudete l'imboccatura con una tela bianca a trama larga, fissandola con un elastico. Riponete il vaso in un luogo buio per circa 6-12 ore. Dopo questo primo ammollo, svuotate il vaso semplicemente capovolgendolo: l'acqua scorrerà via attraverso la tela. Senza togliere la tela, risciacquate i semi e versate via l'acqua con cura. Appoggiate su un piatto il vaso, tenendolo capovolto o leggermente inclinato in modo che l'acqua non ristagni all'interno e i semi rimangano umidi. Per i primi 2-3 giorni sciacquate i semi almeno 2 volte al giorno, nei giorni successivi sarà sufficiente una sola volta. Dopo circa 4-5 giorni i germogli avranno raggiunto la lunghezza di qualche centimetro e sono pronti per essere consumati.
Se desiderate che i vostri germogli sviluppino la clorofilla e diventino verdi (la clorofilla è dotata di notevoli proprietà disintossicanti e rigeneranti) basterà esporli per una giornata alla luce naturale. I germogli si possono conservare in frigorifero per non più di una settimana.
(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)

sabato 12 aprile 2014

ALIMENTI BIOLOGICI A SAN GIOVANNI LUPATOTO




 


CIBO SENZA PESTICIDI
LUNEDÌ 14 APRILE 2014 
ORE 20.30
presso l’auditorium della scuola media “G. Marconi” - via Ugo Foscolo 
 San Giovanni Lupatoto (VR)

Saluti e introduzione
Federico Vantini – Sindaco
Daniele Turella
- Vicesindaco e Assessore all’Istruzione
Nadia Ragno e Tecla Soave- Responsabili per A.Ve.Pro.Bi. del progetto “In bocca al Lupo”
Interventi
p.a. Tiziano Quaini – Coordinatore regionale dell’Associazione Veneta dei Produttori Biologici e Biodinamici
dott . Paolo Pigozzi – medico nutrizionista
Consumare alimenti biologici è importante perchè:
- aiutano a mantenere sano il nostro corpo
- non inquinano il suolo e l'acqua
- la loro coltivazione favorisce e preserva la biodiversità ambientale
Spunti e consigli pratici: come e dove fare la spesa senza spendere di più.
Al termine dell’incontro RICCO BUFFET per tutti i partecipanti offerto da:
MOLINO ROSSO –esposizione di farine e assaggi di pane ai tre cereali e due semi con olio extravergine
COOP.PRIMAVERA - spuntini e assaggi di frutta, verdura e latte animale e vegetale
PIZZERIA “RISTO'” - assaggi di pizza per tutti con farina biologica
GELATERIA SNOOPY – assaggi per tutti delle specialità della gelateria “bio”
PASTICCERIA ADAMI – assaggi di pasticceria con la farina “bio”
CANTINE FASOLI – degustazione di vini con uve biologiche

giovedì 10 aprile 2014

SPAZZATURA 2.0

Segnalo che la pagina di questo blog IO SONO ECOLOGICO (che raccoglie spunti e suggerimenti rivolti 
a far acquisire ai ragazzi maggior consapevolezza sui temi dell'ecologia, dell'ambiente, dello stile di vita) è stata aggiornata con un post sulla spazzatura elettronica

martedì 1 aprile 2014

LE CURE DEL LIMONE: DA BURROUGHS A COSTACURTA



Siete stanchi delle digestioni difficili, dell’alito cattivo, della pelle sporca, dei muscoli irrigiditi, delle articolazioni dolenti, di qualche chilo di troppo? Ma anche del sonno poco riposante, della stanchezza mentale e della scarsa concentrazione? Una bella cura di limoni fa al caso vostro. Il limone, infatti, è un vero e proprio alimento-medicina che, utilizzato nel modo giusto, vi consentirà di fare un bel passo avanti sulla strada del benessere.

Antiscorbutico e non solo
Il limone ha una lunghissima storia come frutto pregiato e indispensabile, soprattutto per le popolazioni mediterranee. Tuttavia, un deciso impulso al suo impiego terapeutico fu dato all’inizio del 1800, in seguito alla scoperta che il succo di questo agrume risultava utilissimo nella cura e nella prevenzione dello scorbuto, una grave malattia (si manifesta con emorragie e ulcerazioni della cute, delle mucose e degli organi interni) dovuta alla mancanza nella dieta di vegetali freschi, ricchi di vitamina C.
Il limone possiede inoltre numerose altre proprietà benefiche: è battericida e antisettico, antireumatico e antiurico, diuretico e dimagrante, antiemorragico, antidiarroico e antisclerotico, ipotensivo e epatoprotettore. Il succo di limone si rivela prezioso in tutte le infezioni (respiratorie, urinarie, vaginali, ecc.), in tutte le patologie che colpiscono le articolazioni (come, ad esempio, le artriti, le artrosi e la gotta), nelle ritenzioni idriche, nel sovrappeso e nell'obesità, nella fragilità capillare e nella tendenza alle emorragie, nel diabete e nell'arteriosclerosi, nell'ipertensione arteriosa, nelle manifestazioni cutanee come gli eczemi, l'acne e la seborrea, ecc.
Nessuna meraviglia, dunque, che un frutto dotato di grandi potenzialità riequilibranti e preventive sia diventato il fulcro di rilevanti pratiche igieniche definite come “cura del limone”.

La cura di Burroughs
La dieta dieta depurativa a base di limone più famosa è sicuramente quella proposta dal terapeuta igienista riflessologo statunitense Stanley Burroughs (1903-1991) che la divulgò al grande pubblico in un suo famoso libro The Master Cleanser (che significa più o meno Il detergente migliore o Il grande pulitore) pubblicato negli anni Cinquanta. La cura di Burroughs consiste nell’assumere durante la giornata da 6 a 12 bicchieri di una bevanda preparata miscelando acqua (anche tiepida), succo di limone, sciroppo di acero (ricavato dalla linfa degli aceri che crescono nell’America settentrionale) e un pizzico di peperoncino. Sono ovviamente esclusi tutti gli altri alimenti, soprattutto quelli solidi, mentre sono concesse bevande come spremute di arancia, succhi di mela, infusi di camomilla, menta, rosa canina, tiglio. Ad un periodo di cura di durata variabile (1-2-3 giorni fino a 10), deve seguire una attenta fase di transizione per riavvicinarsi gradualmente all’alimentazione consueta. Infatti, l’errore più comune, dopo la cura disintossicante del limone è quello di ritornare a mangiare troppo e, soprattutto, troppo velocemente. Nel primo giorno dopo il termine della cura è bene limitarsi a sorbire lentamente succhi di frutta freschi; nel secondo giorno è possibile aggiungere un passato di verdure a pranzo; nel terzo giorno si possono consumare anche verdure crude o cotte a vapore, evitando ancora carne, pesce, uova, pane, pasta e dolci. Dal giorno successivo si può ricominciare a consumare una dieta “normale”, ma equilibrata e di buona qualità. Occorre infine tener conto che durante questa cura è possibile che si presentino sintomi fastidiosi come diarrea, feci sfatte, mal di testa, eruzioni cutanee, sudorazioni abbondanti e sgradevoli, alito cattivo, lingua patinata. Si tratta di reazioni normali per un organismo in fase di depurazione.
Prima di intraprendere la cura di Burroughs è bene parlarne con il proprio medico o naturopata per valutarne preventivamente la fattibilità e l’utilità.

La cura secondo Costacurta
Luigi Costacurta (1921-1991) è stato un noto naturopata, studioso di iridologia e di scienza della nutrizione terapeutica (trofoterapia). Nelle sue proposte curative, la “cura dei limoni” ha sempre avuto un ruolo importante. Costacurta la consigliava soprattutto a chi soffriva di artrosi e di gotta, di arteriosclerosi, di un aumento del colesterolo sanguigno, dei calcoli nella cistifellea, di irritazioni croniche della pelle, di ipertensione arteriosa. Eccola descritta in breve.
Diluite il succo di mezzo/un limone in un bicchiere di acqua tiepida e bevetelo al mattino a digiuno. È opportuno aspettare quindici minuti prima di consumare la colazione. Ogni tre giorni aumentate la dose di un altro limone fino a raggiungere la quantità massima di 3-7 limoni, variabile in relazione alla vostra costituzione e alle vostre necessità. Dopo altri tre giorni potete iniziare il percorso inverso (ogni tre giorni eliminate un limone) per ritornare gradatamente al consumo del succo di un limone al giorno. Costacurta consigliava di proseguire con la dose minima ancora per trenta giorni.

Alcune controindicazioni
Come ogni farmaco che si rispetti anche il limone, utilizzato intensamente, presenta alcune controindicazioni.
Considerato che la sua tendenza è quella di sciogliere gli addensamenti, di alleggerire gli ingorghi, di togliere in definitiva l'eccesso di “materia” presente nell'organismo, è ovvio che chi è di corporatura esile, si affatica rapidamente e tende a perdere peso con troppa facilità dovrà consumare il limone in modo saltuario e scegliere, per gli spuntini giornalieri, preferibilmente la frutta decisamente più dolce. Cioè, in relazione alla stagione, pesche, meloni, fichi, uva, mele, pere, ecc.
In ogni caso, se soffrite di artrosi e di gotta, di arteriosclerosi, di un aumento del colesterolo sanguigno, dei calcoli nella cistifellea, di irritazioni croniche della pelle, di ipertensione arteriosa potrebbe essere consigliabile praticare questa cura intensiva una volta all'anno.
È bene ripetere ancora che queste “cure”, quella di Costacurta come quella di Burroughs, vanno ovviamente graduate in relazione alle proprie caratteristiche e alle proprie sensibilità. In definitiva, anche in questo campo è preferibile evitare il “fai da te”. Molto meglio consigliarsi preventivamente con un medico esperto che saprà valutare l’eventuale necessità o utilità di questa o quella modalità di assunzione del limone.

Le proprietà del limone in sintesi
A ben vedere, una sorta di filo rosso lega tutte le proprietà del limone. Un filo conduttore che consiste nella sua capacità di contrastare e ammorbidire l’eccessivo accumulo di tossine e di materiali che appesantiscono e limitano il regolare e fluido svolgersi delle reazioni metaboliche. In definitiva, il succo di limone è un vero e proprio soffio leggero e vivificatore che attenua la pesantezza dell'organismo e ne stimola il rinnovamento.
Ecco perché beneficeranno del suo consumo regolare e delle “cure del limone” soprattutto le persone corpulente, con il colesterolo sanguigno elevato, con una certa tendenza alla rigidità dei vasi sanguigni e delle articolazioni. Insomma, proprio coloro che la medicina moderna definisce a rischio per patologie cardiovascolari e metaboliche.

A mio parere
Le cure a base di limone sono ottime per disintossicare il corpo e per contrastare la tendenza all’aumento patologico dei “depositi” nell’organismo (placche aterosclerotiche, calcoli biliari e renali, cellulite, adiposità, ecc.). Tuttavia non dovrebbero essere intraprese con lo scopo principale di perdere peso (anche se un certo dimagrimento è l’”effetto collaterale” più comune di queste pratiche). Il calo di peso corporeo che spesso consegue a queste cure “d’urto” è assai facile da realizzare. Ma questi chili persi durante la cura sono poi altrettanto rapidamente recuperati nel momento in cui si ritorna all’alimentazione consueta. Proprio qui sta il punto. Se siamo affetti da disturbi di qualche tipo e se vogliamo comunque migliorare il nostro stato di salute, non è utile pensare prima di tutto a qualche intervento straordinario e che risolva rapidamente e miracolosamente il problema. Serve piuttosto una graduale, ma definitiva modificazione del proprio stile di vita. Anche su un piano dietetico. Probabilmente è dunque meglio bere il succo di un limone tutte le mattine per qualche anno (all’interno di una dieta equilibrata) piuttosto che spremerne 4-5 in un paio di litri di bevanda da sorbire per un periodo limitato di qualche giorno.
 
Il digiuno protegge da malattie coronariche e diabete
Astenersi totalmente o parzialmente dal cibo, anche per un solo giorno alla settimana (magari proprio assumendo succo di limone secondo le modalità descritte) produce vantaggi per il corpo. Uno studio effettuato dall'Intermountain Medical Center (sezione Heart Institute) di Murray, nello Utah e presentato al congresso annuale 2011 dell'American College of Cardiology conferma che un semplice digiuno di 24 ore (ma ripetuto periodicamente, ad esempio una volta alla settimana) produce numerosi effetti benefici: fa aumentare la resistenza del corpo, consuma più colesterolo, riduce il numero delle cellule adipose e, non ultimo, diminuisce il rischio di diabete e di malattie del cuore. 

(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)