giovedì 14 marzo 2013

SCATOLETTE E BISFENOLO A



Avete l’abitudine di consumare alimenti confezionati in scatole di metallo (pesce conservato, salsa di pomodoro, pelati, zuppe, frutta sciroppata, legumi cotti, ecc.)? Il loro aspetto solido e immutabile (apparentemente per l’eternità) e la loro facile conservabilità vi hanno da sempre affascinato? Vi sembra che l’impenetrabilità del metallo possa proteggere il cibo e voi che lo consumate dalle aggressioni batteriche? Mi dispiace minare le vostre granitiche certezze, ma è probabilmente preferibile che vi orientiate più decisamente sugli alimenti freschi. Sulla rivista Journal of American Medical Association (2011;306(20):2218-2220) sono stati pubblicati alcuni dati allarmanti: nelle urine di chi consuma regolarmente cibi in lattina aumenta la concentrazione di bisfenolo A. Il problema è che le concentrazioni urinarie di questa sostanza sono direttamente correlate con il rischio cardiovascolare e il diabete. In altre parole, più consumi scatolette, più aumenta il rischio per le malattie ricordate. Il bisfenolo A è presente nei cibi inscatolati come sottoprodotto degli speciali rivestimenti epossidici utilizzati per verniciare le pareti interne dello scatolame e prevenirne la corrosione. Dicono i ricercatori che mangiare una porzione al giorno di cibo inscatolato aumenta di ben 20 volte la quantità di bisfenolo A reperibile nelle urine rispetto a chi consuma abitualmente alimenti non conservati. In Europa questo composto è stato eliminato dai biberon, ma è ancora usato nelle lattine. Sarebbe prudente eliminarlo del tutto. O, ancora meglio, privilegiare i cibi freschi. 


(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)

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