IO SONO ECOLOGICO

PICCOLO CORSO PRATICO DI ECOLOGIA 
PER RAGAZZI 
SVEGLI E VOLENTEROSI



Il sesto continente

Quando frequentavo le scuole elementari (parecchi anni fa), si faceva tra ragazzi un semplice gioco di parole. Uno di noi poneva questa domanda un po’ assurda: “Quanti sono i cinque continenti?”. La risposta, altrettanto assurda, era: “I quattro continenti sono tre: Asia e Africa”. Ci si divertiva, ma questa specie di filastrocca serviva anche per ricordarci che, come ci insegnava la maestra, i continenti sono cinque: Europa, Africa, America, Asia, Oceania.Ebbene, oggi sembra proprio che a questi cinque si debba aggiungere un sesto continente.Si tratta di due enormi isole, interamente formate da rifiuti (soprattutto plastica) gettati in mare e raggruppati dalle correnti oceaniche in due immensi ammassi. Il “sesto continente” si trova nei pressi del Giappone e delle isole Hawaii, ha 2500 chilometri di diametro (più o meno due volte la lunghezza dell’Italia, dalle Alpi alla Sicilia) ed occupa una superficie grande come il territorio del Canada. Un nuovo continente fatto di immondizia. Anche la nostra. Questa orrenda miscela non danneggia solamente gli animali marini, ma arriva pian piano fino a noi terrestri lungo la catena alimentare che parte dai molluschi e prosegue con pesci, delfini, tartarughe, uccelli, ecc.



Discariche liquide


Gli scienziati ci hanno da tempo avvertito che le temperature in aumento, sciogliendo i ghiacci, provocheranno l'aumento del livello degli oceani e la conseguente scomparsa di molte isole, iniziando da quelle del sud del Pacifico. Gli oceani inoltre stanno diventando sempre più acidi e corrodono rocce e gusci calcarei di svariate specie animali (conchiglie, coralli, tartarughe, ecc.). I mari sono utilizzati come deposito di scarti industriali, rifiuti di ogni genere e scarichi delle navi. Questa incivile abitudine ha trasformato gli oceani in una enorme pattumiera. Secondo gli scienziati, più di un milione di uccelli marini e oltre 100mila tartarughe muoiono ogni anno a causa dei rifiuti non biodegradabili lasciati in mare.

In azione

È evidente che il “sesto continente” non si potrà più eliminare. Qualcuno ha detto che sarebbe come tentare di setacciare la sabbia del deserto del Sahara: un lavoro impossibile. Tuttavia, la sua presenza costituisce per noi un forte richiamo a comportamenti corretti nella produzione dei rifiuti e nella loro gestione. 
Ad esempio:

  • Suggerisci ai tuoi genitori di acquistare, quando possibile, merci sfuse (cioè non confezionate) e vendute a peso. Si tratta di detersivi, cereali (riso, fiocchi di avena), legumi (fagioli, lenticchie). Le
    merci sfuse si trovano nei supermercati più attenti all’ambiente e nei negozi specializzati in alimenti biologici e naturali.
  • Dividi correttamente i rifiuti (carta, vetro, metallo, umido, batterie, ecc.) e gettali negli appositi contenitori.
  • Non abbandonare mai i rifiuti per strada: anche questi, prima o poi, andrebbero ad ingrossare il “sesto continente”.

(da un mio articolo pubblicato sulla rivista BIOLCALENDA ottobre 2015)


Evviva l’acqua  


Giugno è il mese che ci catapulta nell’estate, la stagione delle vacanze (evviva!), ma anche del solleone e   dell’aumento dei consumi di acqua. Che è insostituibile per bere, per rinfrescarsi, per lavarsi, per cucinare e mangiare. Come già sai, l’acqua è un bene che è sempre più raro e costoso. Infatti, gli esperti di tutto il mondo sono concordi nel ritenere che la scarsità d'acqua potrebbe essere uno dei maggiori problemi nel futuro dell’umanità. I cambiamenti climatici non fanno che peggiorare il problema. Secondo la FAO (l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di cibo e agricoltura), entro il 2050 1800 milioni di persone vivranno in nazioni o regioni con grave scarsità d'acqua. Mentre due terzi della popolazione mondiale potrebbe vivere in condizioni difficili per la mancanza d'acqua. Spesso si sente dire che di questo enorme problema si devono occupare i governanti. È certamente vero. Tuttavia, ognuno di noi può dare un suo contributo prezioso. Come? Magari iniziando amodificare alcune nostre abitudini dietetiche. Forse non sai che, ad esempio, la produzione di un chilo di carne di manzo (dalla quale si ricavano 4-5 bistecche) richiede tanta acqua quanta ne serve a 4-5 persone per farsi la doccia ogni giorno per un anno intero (circa 100mila litri). Il conto è dunque presto fatto: se una famiglia rinuncia a mangiare carne anche un solo giorno alla settimana, con questa semplice scelta offre la possibilità di lavarsi ogni giorno per un anno intero a chi altrimenti non lo potrebbe fare per mancanza di acqua. Ci potremmo pensare, che ne dici?

L’acqua nella carne

La produzione di carne richiede un'enorme quantità d'acqua. L'irrigazione delle coltivazioni per la produzione dei mangimi necessari per alimentare gli animali richiede circa l'8% di tutta l'acqua usata nel mondo. Non dimenticare poi che serve altra acqua per dar da bere all'animale per tutta la sua vita. Aggiungi anche l’acqua usata per far funzionare l'allevamento (per le pulizie, ad esempio). Inoltre, gli allevamenti intensivi causano facilmente grossi problemi di inquinamento delle acque. I maggiori inquinanti sono infatti le feci degli animali. Per finire, metti nel conto dell’inquinamento anche i fertilizzanti e i pesticidi usati nella coltivazione dei mangimi che finiscono facilmente nei fiumi e nei laghi. Ecco come mai, ad un esame minuzioso, una bistecca “contiene” molta più acqua di quella che si può pensare.

In azione 

In alternativa alla solita bistecca (ma anche alla carne in scatola, al salame e al prosciutto) che cosa si può mangiare? Solo insalata, direbbe qualcuno. Naturalmente non è affatto vero. Gli spaghetti al sugo di pomodoro, ad esempio, sono un piatto vegetariano. Come anche la pasta e fagioli. Oppure le polpette di ceci. Ma esistono ancora una infinità di piatti preparati senza l’impiego della carne, gustosissimi e che possono soddisfare tutte le nostre esigenze nutritive. Ci sono anche cuochi espertissimi, capaci di preparare pranzi straordinari senza utilizzare nessun alimento di origine animale. Buon appetito!

 (da un mio articolo pubblicato sulla rivista BIOLCALENDA giugno 2015)

Uno stile pacifico


Non è certamente il caso dei nostri lettori. Tuttavia, spesso è vero che molte persone, quando si discute di questioni importanti come il progressivo riscaldamento del nostro pianeta, l’inquinamento ambientale oppure l’esaurimento delle risorse naturali tendono sempre a delegare a qualcun altro le responsabilità di questi fenomeni.
In realtà, abbiamo dichiarato una specie di guerra al pianeta terra e alle sue risorse (aria, suolo, acqua, animali, vegetali). Una guerra nella quale siamo tutti coinvolti. Anche come attori. È infatti importante essere convinti che ognuno di noi, adulto o ragazzo, ha delle responsabilità.
Nello stesso tempo, ognuno di noi può fare molto se (almeno in alcuni aspetti) il nostro modo di vivere, di spostarci, di divertirci, di fare acquisti, di mangiare diventa più rispettoso del pianeta, dei suoi abitanti e di tutte le forme di vita che lo popolano.
Insomma, quello che si chiama “lo stile di vita” (cioè l’insieme di tutte le nostre azioni quotidiane: a casa, a scuola, al campo di calcio, con gli amici, al cinema, ecc.) può contribuire ad aumentare il benessere di tutti oppure, al contrario, può influire negativamente sugli equilibri naturali.
Non si tratta di pensare a cambiamenti impossibili. In molti casi basta introdurre nel nostro stile di vita piccole abitudini positive per dare un apporto utile a ristabilire un clima di pace con la terra. Nessuno si tiri indietro, dunque!

In azione
  • Spostati a piedi o in bicicletta (da casa a scuola, fino all’abitazione dei tuoi amici, ecc.) più spesso che puoi
  • Fai le scale, invece che prendere l’ascensore
  • Dai una mano ai genitori o ai nonni nel coltivare l’orto o nel curare i fiori e le piante sul terrazzo
  • Aiuta chi lavora in cucina a preparare una torta, che potrai mangiare a colazione o a merenda
  • Per le tue festicciole, non usare piatti e bicchieri di plastica, ma solo stoviglie riciclabili e lavabili
  • Contribuisci attivamente alla raccolta differenziata dei rifiuti
  • Parla con i tuoi insegnanti della possibilità di effettuare la raccolta differenziata della carta nella tua scuola o almeno nella tua classe
  • Quando ti devi lavare con l’acqua calda, fai una doccia breve invece che un bagno prolungato nella vasca
  • Raccogli e butta nei cestini le cartacce che trovi abbandonate per terra mentre cammini nei giardini o in un parco
  • Parla con il tuo amico o la tua amica delle decisioni che hai preso e incoraggiali a fare come te
  • Sostieni le associazioni che, nel tuo paese o nella tua città, si occupano di proteggere e di preservare l’ambiente

Scrivi ai deputati

Una delle azioni efficaci per migliorare l’ambiente consiste nel comunicare ai deputati e ai senatori (i rappresentanti del popolo italiano eletti nel Parlamento) le proprie opinioni e le proprie richieste. Non è difficile e non costa nulla. Vai al sito della Camera dei deputati (www.camera.it) oppure a quello del Senato (www.senato.it): ci trovi il nome e l’indirizzo di posta elettronica di tutti i nostri rappresentanti. Cerca quelli che sono stati eletti nella tua zona (sono quelli che dovrebbero conoscere meglio le tue esigenze) e invia loro le tue opinioni e le tue proposte (e anche le tue proteste).

(da un mio articolo pubblicato sulla rivista BIOLCALENDA gennaio 2015)


La nostra seconda pelle

Qualche anno fa (era il 2009) le Nazioni Unite hanno proclamato l’anno internazionale delle fibre naturali.
Tutti noi indossiamo biancheria intima, pantaloni, camicie, magliette, felpe, cappotti, cappelli, guanti, calze. Questi indumenti sono fabbricati con fibre tessili (puoi controllare con che materiale sono realizzate la tua felpa o le tue mutande leggendo l’etichetta). I nostri nonni, per i loro vestiti, avevano a disposizione praticamente solo delle ottime fibre di origine naturale: la lana, il cotone, il lino e la canapa. Con questi materiali si realizzavano e si realizzano indumenti di grande qualità, di lunga durata, in grado di far “respirare” la pelle. Lana, cotone, lino e canapa, infatti, favoriscono gli scambi che la nostra pelle deve avere con l’ambiente che ci circonda. Attraverso la pelle il nostro corpo elimina il sudore (composto da acqua, ma anche da materiali di rifiuto che devono essere allontanati dall’organismo) e riceve una parte dell’ossigeno necessario per vivere. In realtà, gran parte dei nostri indumenti oggi non è realizzata con materiali naturali, ma con fibre sintetiche. Che hanno qualche vantaggio (economicità, leggerezza, maggiore varietà di colori), ma anche molti e importanti svantaggi. Ad esempio, le fondamentali funzioni di scambio della pelle sono rese molto più difficili. Inoltre, i coloranti impiegati (sono sostanze chimiche derivate dal petrolio) talvolta possono irritare una pelle particolarmente delicata. Leggendo con attenzione l’etichetta dei tuoi indumenti puoi individuare facilmente le fibre sintetiche. Si chiamano modal, poliestere, nailon, teflon, ecc. Sulla nostra pelle, allora, solo natura.

In azione

  • Leggi le etichette dei capi di abbigliamento che già possiedi per individuare quali sono i materiali (naturali o sintetici) che vengono in contatto con la tua pelle.
  • La prossima volta che ti serve un indumento, chiedi ai tuoi genitori di acquistarne uno realizzato in fibre naturali.
  • Nelle botteghe del commercio equo si trovano bellissimi pantaloni, camicie e felpe realizzati con tessuti naturali provenienti da coltivazione biologica e quindi ottenuti senza danneggiare l’ambiente (il 25% dei pesticidi prodotti nel mondo viene utilizzato sulle coltivazioni di cotone) e rispettando la salute dei contadini (l’Organizzazione Mondiale della Sanità calcola che ogni anno almeno 600 mila coltivatori di cotone vengono intossicati dalle sostanze chimiche utilizzate nei campi).
Benedetta ortica!

L’ortica è al centro di diversi progetti internazionali che ne promuovono la coltivazione e l’utilizzazione. In molti villaggi nepalesi l’ortica gigante è raccolta e la fibra dei lunghi gambi è lavorata al telaio per ricavarne tessuti e asciugamani, poi venduti attraverso il circuito del commercio equo-solidale. Anche in Europa l’ortica ha una lunga tradizione come fibra tessile: in Germania esistono aziende specializzate che coltivano e lavorano l’ortica per ricavarne tessuti esportati ovunque.

La natura è colorata

I tessuti naturali vengono decorati con i mille colori racchiusi in erbe, cortecce, frutti e fiori. Il fiore di cartamo, lo zafferano e la curcuma, ad esempio, producono gialli bellissimi. Ti sembrerà strano, ma il cavolo rosso colora di un azzurro delicato. Dal succo di mirtillo si ricavano intensi blu e viola.

(da un mio articolo pubblicato sulla rivista BIOLCALENDA novembre  2014) 

 

C'è anche la spazzatura elettronica

 Produciamo nel mondo 40 milioni di tonnellate all’anno di spazzatura elettronica (e-waste in inglese). Gli
strumenti elettronici (computer, telefonini, schermi, televisioni, stampanti, fax, ecc.) che vengono buttati via ogni anno potrebbero riempire tanti camion che, messi uno dietro l’altro, farebbero una fila lunga come metà del diametro terrestre (circa 6300 chilometri).
Ti sei mai domandato dove vanno a finire i telefonini che non usiamo più, i computer vecchi, le televisioni rotte e tutti gli altri strumenti elettronici che diventano in poco tempo superati e che nessuno può (o vuole) riparare?
Esistono in alcuni Paesi africani (in Ghana) o asiatici (in Cina e in India) ma anche in alcuni stati entrati recentemente nella Comunità Europea vere e proprie discariche dove i lavoratori (quasi sempre bambini) smontano computer e televisori in cerca dei metalli preziosi contenuti e che possono essere rivenduti. Il problema è che i metalli dei rifiuti elettronici (piombo, mercurio, bromo, ecc.) sono tossici, mentre il lavoro viene fatto praticamente a mani nude e senza nessuna protezione. Inoltre, gli acidi usati in questa attività contaminano il terreno e l’acqua, mentre i materiali plastici sono bruciati per recuperare altro metallo o semplicemente per cucinare. Producendo fumi tossici e cancerogeni.
Un bel problema, non c’è che dire. Aggravato dal fatto che il ritmo con il quale i nostri strumenti e giocattoli elettronici diventano “vecchi” è sempre più veloce. Occorre certamente imparare a rendersi più indipendenti dai suggerimenti della pubblicità ragionando con la nostra testa. E, quando è possibile, non buttare strumenti ancora funzionanti, ma rimetterli in un circuito dove possano ancora essere riutilizzati (vedi box).

Anche in Cina
La Cina inizia a preoccuparsi per i danni ambientali e alla salute umana provocati dalla spazzatura elettronica. Per questo sta cercando di realizzare una rete di centri di riciclaggio dei prodotti elettronici, con una capacità di trattare almeno un milione e 200 mila apparecchiature. A Pechino, nel 2010, sono stati prodotte 150 mila tonnellate di e-waste.

In azione
Ammettiamolo: è ormai difficile fare a meno del telefonino, del computer e (forse) perfino della console per i videogiochi. Il problema è che troppo spesso applichiamo anche a questi strumenti i criteri della “moda”. Se il tuo telefonino (che ancora riceve e manda comunicazioni in voce perfettamente, che invia e accoglie utilissimi SMS, che contiene una efficiente e sterminata rubrica di nomi e numeri) non fa anche le foto o un breve video o non ti sa dire (come negli ultimi modelli) la temperatura minima e massima prevista per oggi in quasi tutte le città del mondo, rischia di essere buttato in un cassetto (o nel cassonetto). Ti sembra ragionevole? Anche il computer che ha ormai qualche anno, con un po’ di opportuna manutenzione, può in molti casi essere ancora assai utile per associazioni, scuole, gruppi di volontariato, ecc. A questo proposito, guarda sul sito www.officina-s3.org la bella iniziativa dell’Officina per la decrescita digitale, che aiuta a prolungare la vita dei computer usati e li destina gratuitamente a scopi sociali. 

(da un mio articolo pubblicato sulla rivista BIOLCALENDA aprile  2014)  


Energia nucleare? No grazie, preferisco il sole 

Avrai sentito parlare qualche volta di energia nucleare. Se non altro perché qualche tempo fa, in seguito ad
un disastroso terremoto, si è verificato un gravissimo incidente nella centrale nucleare giapponese di Fukushima che ha causato la contaminazione radioattiva di molti lavoratori, oltre che dei villaggi, degli animali, del mare e dell’aria.
L’aumento fortissimo del prezzo del petrolio e del gas (che, bruciati nelle centrali termoelettriche, producono energia elettrica) ha suggerito ad alcuni che la soluzione per le necessità energetiche dell’Italia potesse essere l’energia nucleare. In realtà questa non sembra proprio essere una buona idea. Ecco alcuni motivi che propongo alla tua riflessione:
  • Le centrali nucleari producono scorie che rimangono radioattive anche per decine di migliaia di anni. Esistono nel mondo 250mila tonnellate di rifiuti radioattivi e nessuno, fino ad ora, ha trovato una soluzione soddisfacente per questo enorme problema.
  • Le centrali nucleari non sono impianti sicuri al 100%. Tra l’altro, un incidente in una centrale nucleare non è come un incidente che avviene su una linea ferroviaria o in autostrada. Per quanto sia un evento grave e doloroso, un treno che deraglia coinvolge nel disastro qualche centinaio di persone. Un incidente nucleare (come è avvenuto in Giappone e anche a Chernobyl, in Ucraina, nel 1986) può disperdere nell’ambiente una enorme quantità di materiali radioattivi che inquinano l’aria, la vegetazione, le acque, gli animali e l’uomo anche a migliaia di chilometri di distanza. Provocando danni che sono evidenti anche dopo decine e decine di anni.
  • Con una parte del materiale “di scarto” prodotto da una centrale nucleare (il plutonio, ad esempio) si possono fabbricare le bombe atomiche, le armi più pericolose e disumane costruite dall’umanità. A Hiroshima e Nagasaki (in Giappone, nell’agosto 1945), due bombe atomiche provocarono in un sol colpo dalle 100 alle 200mila vittime. Senza contare le centinaia di migliaia di persone che sono morte negli anni successivi e che, ancora oggi, soffrono di gravi malattie provocate dall’esposizione alle radiazioni.

In azione
Su una cosa sarai senz’altro d’accordo: prima di pensare a come produrre più energia elettrica, potremmo provare a diminuire l’energia consumata o sprecata.
Ad esempio:
  • Non lasciare accesa la lampadina nelle stanze dove non c’è nessuno.
  • Spegni il LED della TV e della radio (il LED è quella lucetta rossa che rimane sempre accesa).
  • Ogni tanto, lascia perdere televisione, computer e play station e leggi un libro: un piacere a costo energetico zero!

 

(da un mio articolo pubblicato sulla rivista BIOLCALENDA febbraio 2014) 



 

I mezzi di trasporto


Nella bella stagione quasi sicuramente, assieme alla tua famiglia hai programmato un periodo di ferie oppure
un viaggio che ti porterà a conoscere luoghi, monumenti, persone, paesaggi e cibi nuovi e interessanti. Muoversi ed esplorare è una necessità vitale per noi umani: il nostro corpo è una struttura perfettamente adatta per camminare e per spostarsi.
È vero però che chi si sposta a piedi, anche per distanze relativamente brevi (qualche chilometro), è ormai quasi una curiosità. Proprio come gli animali in via di estinzione…
In pratica, per andare in vacanza e per viaggiare oggi usiamo di solito l’automobile e, sempre più spesso, anche l’aereo. Eppure l’aereo è un mezzo di trasporto molto inquinante. Anzi è il più inquinante in assoluto: per coprire una certa distanza, l’aereo consuma una quantità di energia molto maggiore rispetto ad altri sistemi di trasporto (automobile, treno, nave, ecc.).
Inoltre, l’inquinamento ambientale provocato dal trasporto aereo è grandissimo. Si calcola che almeno il 10% del riscaldamento globale del nostro pianeta sia responsabilità del trasporto aereo (questa percentuale è raddoppiata dal 1990). Pensa che per un tragitto di circa 500 km (da Milano a Roma, ad esempio) un aereo provoca l’emissione di 96 tonnellate di anidride carbonica, Mentre un treno (che trasporta lo stesso numero di passeggeri) ne produce solo 12. L’anidride carbonica (CO2) è uno dei più importanti gas-serra, quelli che fanno aumentare la temperatura del pianeta.
Non ti sto proponendo di andare fino in Cina a cavallo di una ecologica bicicletta (anche se qualcuno l’ha fatto: nel 2001 nove audaci partiti da Venezia in bici sono arrivati trionfalmente a Pechino spingendo sui pedali). È però vero che in Europa il 60% dei voli è lungo meno di 500 km. Un tragitto che potrebbe essere tranquillamente percorso con il treno.

Il treno è comodo e conviene
Se desideri programmare un viaggio o una vacanza, tieni presente che il treno è un mezzo di trasporto comodo (mentre viaggi puoi chiacchierare, giocare, leggere, guardare il panorama, passeggiare, conoscere nuovi amici) e sicuro (puoi anche schiacciare un pisolino). Sui treni italiani è possibile avere sconti interessanti sul prezzo del biglietto se viaggi insieme alla tua famiglia. Potrai anche portare con te la bicicletta. Trovi tutti i particolari sul sito www.trenitalia.com.

In azione: Viaggiare con rispetto
Viaggiare pedalando su una bicicletta è un’esperienza bellissima. Spingendo sui pedali, ti accorgi di molte cose che, chiuso dentro un’automobile, ti sfuggono: le piante, i colori e i profumi dei fiori, gli animali, perfino le persone. In Italia (e soprattutto in altri Paesi europei) ci sono migliaia di km di piste ciclabili. Se questa proposta ti appassiona, vai al sito www.fiab-onlus.it. Qui trovi gli indirizzi di tutte le associazioni locali degli Amici della bicicletta (più di 100 in Italia). Organizzano molte attività per la promozione di una mobilità a misura umana e anche escursioni e viaggi in bicicletta adatti a tutte le età e per tutte le capacità.
Senza andare tanto lontano, anche la nostra Italia è piena di luoghi dove l’ambiente è rispettato e i paesaggi sono bellissimi. Scopri i comuni che hanno ricevuto lo speciale riconoscimento della Bandiera Arancione su www.touringclub.it. Alcuni sono vicini a casa tua: vale proprio la pena di farci un salto (magari in treno, con il bus o in bici).
Se ti piace camminare, scoprire sentieri segreti, attraversare parchi incontaminati e visitare villaggi misteriosi il sito www.cammini.eu fa proprio per te.











(da un mio articolo pubblicato sulla rivista BIOLCALENDA gennaio 2014)


 

 

Quella biologica è migliore


 Amano il loro lavoro, i loro prodotti, i loro famigliari e gli amici. Ma soprattutto la terra e l’ambiente. Sono i contadini che coltivano la terra con il metodo dell’agricoltura biologica. In Italia sono quasi 50mila e lavorano oltre un milione di ettari di terreno (un ettaro = 10.000 metri quadrati). Che cos’è l’agricoltura biologica? È presto detto. Proprio come quella convenzionale, anche l’agricoltura biologica produce frumento, fagioli, mele, carote, noci e altri alimenti. Ma lo fa rispettando la salute della terra e l’equilibrio dell’ambiente. Per gli agricoltori biologici la terra è un vero e proprio organismo, molto complesso, la cui salute e fertilità devono essere conservate e, se possibile, accresciute. Gli agricoltori biologici, inoltre, hanno a cuore la biodiversità dell’ambiente, cioè la presenza nei campi non solo delle piante che ci danno cibo, ma anche di quelle (le siepi, gli alberi, le erbe cosiddette infestanti) che sono alimento e rifugio per gli altri animali terrestri, per gli uccelli, le farfalle e gli insetti. Il rapporto equilibrato tra tutte queste specie viventi produce un ambiente sano, equilibrato e armonioso. Un ambiente che dona cibo e vantaggi per tutti. Per questo il contadino biologico non utilizza sostanze chimiche come diserbanti e anticrittogamici. Pensa che nell’agricoltura convenzionale (quella oggi più diffusa) si utilizzano ogni anno oltre 400 chilogrammi di sostanze chimiche per ogni chilometro quadrato di superficie agricola. Sostanze che, in molti casi, sono notevolmente tossiche e i cui residui rimangono spesso negli alimenti, arrivando così nel nostro piatto.




Tre in uno



Quando consumi alimenti biologici realizzi in un colpo solo diversi effetti positivi:
  • Fai bene al tuo organismo, che nutri con alimenti sani e gustosi  
  • Sostieni il lavoro dei contadini biologici, che producono cibi di qualità senza usare sostanze tossiche, pericolose prima di tutto per chi le maneggia
  • Eviti lo sfruttamento e l'inquinamento della terra e dell'ambiente, che sono mantenuti in salute e in equilibrio a vantaggio di tutti gli esseri viventi. 



In azione



Come si riconoscono gli alimenti biologici



Oltre che acquistare direttamente dai produttori (che è sempre la scelta migliore), gli alimenti prodotti con l’agricoltura biologica si possono trovare in molti negozi e supermercati. Come si possono distinguere le carote o le marmellate biologiche da quelle che non lo sono? Basta leggere con attenzione l’etichetta e cercare il marchio europeo che identifica gli alimenti biologici.



Contadini biologici anche in Africa


In Uganda sono 50mila i contadini biologici, che producono il 38% degli alimenti biologici africani. La Tanzania e il Sudafrica sono al secondo e terzo posto, rispettivamente con il 17 e il 14 per cento. Tra i prodotti biologici maggiormente diffusi ci sono ananas e mango freschi ed essiccati, vaniglia e sesamo. La superficie agricola coltivata in Uganda con metodi biologici è di 185mila ettari. 

(da un mio articolo pubblicato sulla rivista BIOLCALENDA dicembre 2013)

 

 

Meglio la brocca

Molti hanno aderito da tempo all’invito dei promotori della campagna «Imbrocchiamola!»* per rinunciare all’acqua in bottiglia. Molto meglio, dicono i nostri amici, mettere in tavola una bella brocca riempita con l’acqua del rubinetto per ridurre l’uso delle bottiglie di plastica. Noi italiani abbiamo un record mondiale di cui non ci possiamo certo vantare: consumiamo mediamente quasi 200 litri di acqua minerale a testa all’anno. Che, per il 65%, viene venduta in bottiglie di plastica. La plastica delle bottiglie si chiama Poli-Etilen-Tereftalato (in sigla PET).

Il PET è ricavato dal petrolio, una risorsa in via di esaurimento, che diventa sempre più costosa e per il cui possesso si stanno facendo, anche in questo momento, parecchie guerre sanguinose. In Italia ogni anno buttiamo nei rifiuti circa 5 milioni di tonnellate di materie plastiche che, per loro natura, sono quasi indistruttibili (almeno per decine e decine di anni) e quindi inquinano e imbruttiscono la terra, i laghi e il mare. Nemmeno gli inceneritori sono una soluzione adeguata a questo problema. A parte l’assurdità di usare una sola volta e poi buttare via un contenitore (la bottiglia di PET) fatta con un materiale scarso, costoso e in via di esaurimento. La plastica bruciata negli inceneritori produce sostanze inquinanti molto pericolose per la salute (come, ad esempio, le diossine). Infine prova a leggere, sull’etichetta di un’acqua minerale, il luogo di provenienza di quell’acqua. Ti accorgerai che spesso l’acqua che stai sorseggiando proviene da centinaia di chilometri di distanza. Al petrolio necessario per produrre la bottiglia di plastica, va dunque aggiunto anche quello necessario per far muovere i camion che trasportano le bottiglie di acqua su e giù per l’Italia. Intasando le autostrade e aumentando ulteriormente l’inquinamento. Sono sicuro che hai già capito cosa fare: a pranzo, metti in tavola una bella brocca di vetro colma di buonissima acqua di rubinetto.
In azione: Istruzioni per il minor uso (e il riuso) della plastica
I rifiuti di plastica sono un problema. Cosa puoi fare? Ecco alcuni suggerimenti:
  • Produrre meno rifiuti: acquista preferibilmente prodotti venduti in imballaggi di carta o cartone.
  • Riusare: in parecchi supermercati si trovano in vendita i detersivi alla spina (devi portare da casa la tua bottiglia di plastica, che puoi riusare molte volte).
  • Differenziare: quando un contenitore di plastica non si può più riutilizzare, occorre portarlo nei contenitori dedicati alla raccolta differenziata. Con il PET riciclato, ad esempio, si producono contenitori nuovi, ma anche maglioni, indumenti in “pile”, moquette, rivestimenti interni per le automobili e coperte. Con la plastica riciclata più dura si producono invece sedie, panchine, tubi per gli scarichi delle grondaie, piastrelle, arredi per i parchi gioco e perfino barche a vela.
Informati:
Il COREPLA (consorzio per il recupero della plastica) sul suo sito www.corepla.it mette a disposizione idee e risorse assai utili per gli insegnanti e gli educatori.
IMBROCCHIAMOLA: Per approfondire la campagna www.imbrocchiamola.org.
IL SESTO CONTINENTE ... due enormi “isole” di rifiuti che si concentrano nei pressi del Giappone e a ovest delle Hawaii, sono formate per la maggior parte di plastica. Cerca informazioni su internet o chiedi ai tuoi insegnanti del Pacific Trash Vortex.

(Un mio articolo pubblicato sulla rivista Biolcalenda, ottobre 2013)



Il commercio equo e solidale



Qualche tempo fa ho invitato a casa mia un paio di amici. A merenda ho offerto loro del pane fatto da me e
una tavoletta di cioccolato del commercio equo e solidale. Commercio che? La domanda me l’aspettavo, sparata ancora prima di assaggiare quel ben di Dio. Sgranocchiando con calma pane e cioccolato, ho spiegato loro che quella tavoletta di cioccolato viene da una Bottega del Mondo, un negozio che propone prodotti che hanno una storia molto speciale.

Il commercio è una attività molto amata da tutta l’umanità: attraverso lo scambio di beni e servizi, gli uomini e le donne di tutto il mondo hanno messo in comune anche idee, racconti, sudori, sorrisi, speranze. Tutto questo è vero, però, quando chi vende e chi compra può contrattare alla pari. Il che non succede mai quando, ad esempio, chi acquista è una grossa azienda multinazionale e chi vende è invece un piccolissimo produttore boliviano di cacao. Lo squilibrio è evidente, il prezzo (sempre minimo) è imposto dal più forte, i produttori rimangono sempre poveri e, quel che più conta, senza nessuna speranza di cambiamento. Al contrario, al commercio equo e solidale (una iniziativa nata ormai 40 anni fa per contrastare gli evidenti squilibri e le ingiustizie generate nei Paesi poveri, soprattutto africani, asiatici e sudamericani, dalle relazioni commerciali internazionali), interessa che gli scambi economici servano prima di tutto a promuovere la giustizia sociale e il rispetto per le persone e per l’ambiente. Le Botteghe del Mondo sono il canale privilegiato per entrare in contatto con questa iniziativa e con questi beni. Che non sono solo alimenti (oltre al cioccolato anche tè, caffè, zucchero di canna integrale, miele, ecc.), ma anche bellissimi prodotti artigianali come, ad esempio, coloratissime maglie di lana dal Perù, maschere di legno dall’Africa, eleganti stoviglie in vetro riciclato dall’Oriente, ecc. L’entusiasmo dei miei amici è alle stelle. Vorrà dire che tra qualche giorno andremo assieme a conoscere gli amici (e il cioccolato) della Bottega del Mondo della nostra città.




Ecco che cosa c’è in un prodotto “equo e solidale”



·         Il prezzo: equo, concordato assieme dal produttore e dall’importatore, che consente a chi produce di vivere dignitosamente.

·         La dignità: ambiente di lavoro non malsano, uguale dignità tra uomini e donne, non sfruttamento del lavoro dei bambini.

·         La partecipazione: tutti i lavoratori concorrono responsabilmente alle decisioni della comunità, del villaggio o della cooperativa che li riunisce.

·         La cura dell’ambiente: si concordano e si favoriscono metodi di coltivazione non inquinanti e non tossici per l’ambiente e i lavoratori.

·         La solidarietà: una parte del ricavato viene destinato, in accordo con i produttori, a beneficio di tutta la comunità. Ad esempio, progettando e realizzando la scuola del villaggio, un ospedale, un pozzo per l’acqua, un acquedotto, ecc.



In azione



Cerca la Bottega del Mondo più vicina a casa tua. Nel sito www.altromercato.it cerca l’elenco di diverse centinaia Botteghe aperte in tutto il territorio nazionale. Ci trovi anche i supermercati provvisti dei prodotti provenienti dal Commercio Equo.

Se nella tua scuola o nella palestra che frequenti c’è un distributore automatico di snack e di bevande, puoi chiedere che sia rifornito con prodotti del commercio equo e solidale. Parlane con i tuoi genitori, con gli insegnanti e con gli amici della tua Bottega del Mondo.



(Un mio articolo pubblicato sulla rivista Biolcalenda, giugno 2013)



Ricicla la carta



La carta è con noi ogni giorno, a scuola e in ufficio, nei negozi e nelle fabbriche, a casa e nei laboratori
Dalla trasmissione Raisat Ragazzi
artigiani. Per scrivere, stampare e fotocopiare, per confezionare e imballare, per pulire e asciugare. Ma anche, nel tempo libero, per disegnare e dipingere, per fare le parole crociate, per creare gli origami, per costruire gli aquiloni. La carta è uno dei materiali oggi più diffusi e utilizzati. Pensa che nel mondo ogni anno ne vengono utilizzati 300 milioni di tonnellate! Il problema è che la carta viene fabbricata a partire dal legno e per soddisfare le nostre necessità vengono tagliati enormi quantità di pini, abeti, larici, ma anche di pioppi, faggi, betulle e eucalipti. Insomma, intere foreste vengono abbattute. Non sarebbe un grande problema se si tagliassero solamente gli alberi piantati appositamente a questo scopo (se abiti nella pianura Padana avrai senz’altro visto le grandi piantagioni di pioppi che svettano eleganti tra i campi di frumento e di mais). In realtà, la fame di carta (che è altissima soprattutto nei Paesi cosiddetti civilizzati: l’Europa e l’America del nord) viene ormai soddisfatta anche tagliando le foreste primarie, cioè quelle che coprono estesissime zone del Canada e della Siberia, ad esempio. Le foreste primarie hanno un ruolo fondamentale per l’equilibrio del pianeta: producono ossigeno e assorbono anidride carbonica, mantenendo le condizioni ambientali indispensabili per la sopravvivenza degli animali e di tutta l’umanità. Pensa infine che per produrre la carta a partire dal legno occorre una quantità di acqua e di energia notevolmente superiore a quella necessaria per produrre carta riciclata. La scelta da fare è dunque chiara e semplice: è molto importante evitare gli sprechi e utilizzare la carta con intelligenza. Una volta che l’hai adoperata, non buttare la carta assieme a tutte le altre immondizie, ma raccoglila e mettila nei cassonetti dedicati a questo scopo.



In azione



Utilizzare al meglio la carta e riciclarla sono abitudini semplici, ma molto preziose per la salvaguardia dell’ambiente. Puoi raggiungere questo scopo agendo concretamente in diversi modi:

·         Scrivi e disegna utilizzando i due lati di ogni foglio.

·         Stampa e fotocopia solo se è necessario (quando è possibile, utilizza anche in questo caso i due lati del foglio).

·         A casa e a scuola chiedi di organizzare la raccolta differenziata della carta: basta uno scatolone di cartone da svuotare periodicamente nel contenitore per la carta presente in strada.




Chi cerca trova



Segnala ai tuoi insegnanti che sul sito del COMIECO (Consorzio nazionale che si occupa del riciclo degli imballaggi di cartone; www.comieco.org ) esiste una sezione che offre materiali e stimoli utili per sensibilizzare i ragazzi alla raccolta differenziata e al riciclo di carta, cartone e cartoncino.



Che differenza!



Per produrre un chilogrammo di carta nuova (circa 200 fogli in formato A4) servono 2 chilogrammi di legno, 100 litri di acqua e 10 kWh di energia. Per ottenere la stessa quantità di carta riciclata si impiegano solo 5 litri di acqua e 2 kWh di energia (mentre non serve il legno). Un bel risparmio, non c’è che dire!


(Un mio articolo pubblicato sulla rivista Biolcalenda, maggio 2013)





I chilometri nel cibo



Ogni alimento che mangiamo ha fatto un certo viaggio prima di arrivare sulla nostra tavola: di solito passa dal campo al mercato all’ingrosso fino ai banchi del supermercato o alla bottega del fruttivendolo. Oggi, i chilometri che ogni cibo percorre per passare dal luogo in cui è prodotto fino sulla nostra tavola sono sempre di più. Proviamo a ragionare un attimo. Quando mio nonno Gino desiderava mangiare una pera, faceva quattro passi e la coglieva direttamente dall’albero nel suo orto. Oppure prendeva la bicicletta, pedalava per qualche chilometro e andava a trovare i suoi parenti in campagna che, felici di vederlo, gli regalavano una cassettina colma di pere. Le pere che mangiamo noi, invece, sono state acquistate in un grande centro commerciale appartenente ad una grossa società multinazionale. La quale, per venire incontro alle esigenze dei consumatori che desiderano mangiare pere appena colte (e non conservate da qualche mese nei frigoriferi come quelle raccolte in Italia qualche mese fa) e a basso costo anche nel periodo invernale, si procura la frutta acquistandola dai produttori che stanno nell’emisfero sud del mondo (dove è estate quando qui è inverno). Ad esempio in Argentina. Sai quanto è distante l’Argentina dall’Europa? Circa 12mila chilometri. Dunque, ogni pera argentina che troviamo nel nostro supermercato, prima di essere lavata e addentata, deve essere trasportata (generalmente in aereo) per molte migliaia di chilometri. Consumando parecchio carburante e producendo più di 2000 kg di anidride carbonica (CO2), uno dei gas che, accumulandosi nell’atmosfera, crea una sorta di serra responsabile dell’aumento della temperatura terrestre. Uno spreco e un danno che potrebbero essere evitati se solo imparassimo a mangiare soprattutto la frutta e le verdure di stagione che si producono vicino a noi.



In azione



  • Consuma frutta e verdura di stagione.

  • Quando vai a fare la spesa, leggi sempre sul cartellino il Paese di provenienza del prodotto che stai comprando. Per la frutta e la verdura è una informazione obbligatoria per legge. Cerca gli alimenti prodotti nella tua regione oppure in Italia.

  • Quando puoi, acquista frutta e verdure direttamente dal contadino che li produce. In questo modo farai diminuire i chilometri presenti nel tuo cibo e sosterrai l’impegno dei contadini che lavorano la terra e producono il cibo per tutti. 




I contadini, i nostri vicini



Dove puoi trovare i contadini che vendono direttamente i loro prodotti? Quasi sicuramente ce ne sono anche vicino al tuo paese. Vai a trovarli per fare due chiacchiere con loro, per visitare la loro azienda e per acquistare i loro prodotti. Puoi anche rivolgerti all’Associazione Veneta Produttori Biologici (www.aveprobi.org) per conoscere le aziende agricole biologiche che, vicino a casa tua, vendono direttamente i loro prodotti.

(Un mio articolo pubblicato sulla rivista Biolcalenda, marzo 2013)


Vado a scuola da solo

Molti anni fa, quando frequentavo le scuole elementari (ma ho continuato anche negli anni del liceo), ogni logo-Piedibus qmattina andavo a scuola da solo. Ricordo che mi piaceva molto uscire di casa e sentire l'aria frizzantina che mi pizzicava il viso, incontrare i compagni di classe che mi aspettavano per fare un tratto di strada assieme, calciare i sassi (piccoli) che trovavo sul marciapiede, chiacchierare e ridere con gli amici mentre si aspettava che il bidello aprisse il portone della scuola.
Quando oggi al mattino passo davanti ad un edificio scolastico vedo soprattutto automobili che trasportano bambini e ragazzi. 
Automobili puzzolenti, che avvelenano l'aria con gli scarichi, parcheggiate disordinatamente con le luci intermittenti accese, che ostruiscono la sede stradale e che, spesso, impediscono il passaggio di chi va a piedi o in carrozzella, degli anziani, perfino dei ragazzi. Alla fine della mattinata, alla conclusione delle lezioni, la scena è identica. 
E tu, come ci vai a scuola? Accompagnato in automobile? Ti sei accorto che utilizzando soprattutto l'automobile come mezzo di trasporto non conosci nemmeno il nome delle vie del tuo quartiere, i negozi che ci sono vicino a casa, il volto delle persone che ci lavorano? Avresti voglia di fare un'esperienza diversa ed entusiasmante? Ti interessa dare un contributo concreto alla diminuzione del traffico, alla riduzione dell'inquinamento, al miglioramento della qualità della vita del luogo dove vivi? Io penso proprio di sì. Puoi cominciare da subito, ad esempio, andando a scuola da solo. Certo, le strade di oggi non sono più quelle di un tempo: il passaggio di mezzi a motore è veramente intenso e spesso è fonte di pericolo. Per realizzare questo obiettivo, dunque, occorre mettere insieme gli sforzi e la buona volontà di molti (ragazzi, genitori, insegnanti, sindaci, polizia municipale, volontari, ecc.). Parlane oggi stesso con i tuoi genitori.
piedibus azione

In azione

Discuti con i tuoi genitori sulla possibilità di andare a scuola a piedi.
Calcola la distanza tra la tua abitazione e la scuola. Tieni conto che per percorrere a piedi 1000 metri impiegherai circa 12-15 minuti. Con l'aiuto di una mappa e di visite sul terreno, studia assieme ai tuoi compagni e agli insegnanti della tua classe il percorso più sicuro, tenendo in considerazione la presenza o l'assenza dei marciapiedi, degli attraversamenti pedonali protetti, dei semafori, ecc.
Prendi contatto con i compagni di scuola che fanno il tuo stesso percorso: potrete partire e tornare assieme organizzando, con l'aiuto di uno o due adulti, un "piedibus". Per conoscere meglio questa entusiasmante iniziativa, già realizzata in molte scuole, vai al sito www.piedibus.it. Se non è possibile fare diversamente, mettiti d'accordo con qualche tuo compagno di scuola almeno per usare lo stesso mezzo: ogni automobile che trasporta tre o quattro ragazzi evita che altrettante macchine intasino la strada.

In buona compagnia

Visitando il sito www.iwalktoschool.org potrai conoscere le numerose e interessanti attività dell'International Walk to School, una organizzazione che riunisce nel mondo tutti coloro che si danno da fare per facilitare gli studenti che vogliono andare a scuola a piedi o in bicicletta. Scoprirai che questa esigenza non è sentita solamente dagli scolari del tuo paese o della tua città, ma anche dagli studenti argentini, brasiliani, indiani, cinesi, irlandesi, francesi, filippini, cubani e di decine di altri Stati nel mondo.

(Un mio articolo pubblicato sulla rivista Biolcalenda, gennaio 2013)

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