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martedì 13 agosto 2019

FAGIOLI E GAS (SERRA)


Mangiare fagioli per ridurre il gas? L’affermazione letta sulla rivista online Climatic Change (2017) 143:261–270 si presta a qualche commento impertinente. Invece, la questione è tremendamente seria.  L’invito dei ricercatori statunitensi a sostituire la bistecca con un piatto di fagioli, letto fino in fondo, rivela una grande e drammatica verità. L’abitudine americana di mangiare troppa carne (tipica anche dei nostri connazionali, le cui consuetudini a tavola si stanno allontanando sempre più dalla salutare dieta mediterranea) produce un aumento dei dannosi gas serra, responsabili del cambiamento climatico in atto e dell’aumento delle temperature che, a loro volta, sono una delle cause di guerre, migrazioni, siccità, alluvioni, ecc. L’allevamento intensivo di animali da carne è infatti una delle attività umane energeticamente più costose per l’ambiente, oltre che fonte di grandi sofferenze per gli animali stessi. Semplicemente sostituendo la carne con i fagioli (“beans for beef”, dicono gli americani) potrebbe portare gli USA, secondo i ricercatori, a raggiungere il 74% dell’obbiettivo di ridurre la produzione di gas serra entro il 2020. E questo senza adottare provvedimenti restrittivi sulla circolazione automobilistica! Senza contare altri importanti vantaggi come il miglioramento dello stato di salute della popolazione e la liberazione di 692.918 km quadrati di terre coltivate (il 42% della superficie agricola negli Stati Uniti) che attualmente sono destinate alla produzione di cereali e legumi per l’allevamento intensivo. Territori che potrebbero essere liberati dalla pioggia di sostanze chimiche necessarie per ottenere raccolti abbondanti e a basso costo e che potrebbero magari essere destinati a progetti più ecologici e utili per la comunità. Insomma, mangiare fagioli (e altri legumi) al posto della carne per ridurre i gas che soffocano il mondo. Pensiamoci.


Crema di ceci

250 g di ceci già cotti
1 cucchiaino di semi di sesamo tostati
1 cucchiaio di tahin (crema di sesamo)
1 spicchio d’aglio
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
1 cucchiaio di salsa di soia
3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
peperoncino in polvere (se gradito)
succo di un limone 

Frullate i ceci con l’aglio e un po’ dell’acqua di cottura.Aggiungete poi tutti gli altri ingredienti: dovreste ottenere un composto soffice, ma non troppo liquido, perfetto per accompagnare pane tostato, gallette di riso integrale, verdure crude, pasta fredda. 

lunedì 24 giugno 2019

BISCOTTI PER GRANIVORI


Le diete a base vegetale stanno ricevendo sempre maggiore attenzione e le ricerche dimostrano la loro utilità per la prevenzione di molte patologie. Tuttavia, parecchi fanno coincidere una dieta a base vegetale semplicemente con il consumo abbondante di verdure e di frutta. Dimenticando clamorosamente i semi. 
Una grande quantità dei nostri alimenti più comuni sono effettivamente dei semi. Pensate, ad esempio, ai cereali (orzo, avena, riso, frumento, mais, ecc.) e ai legumi (fagioli, soia, piselli, lenticchie, ceci, fave, ecc.). Non dimentichiamo che sono semi anche altri cibi che dovrebbero essere quotidiani come noci, mandorle, anacardi, nocciole, ecc. 
I semi sono un alimento assai complesso e la loro composizione nutrizionale è eccezionale. Le tre parti principali del seme sono il germoglio (embrione), l’endosperma (riserva di nutrimento per la crescita del germoglio) e il rivestimento esterno. Ogni seme ha, infine, un potenziale vitale che lo rende adatto per germinare e diventare una pianta adulta.
Nei semi, il germe e lo strato esterno sono ricchi di vitamine, minerali e composti bioattivi. L’endosperma è il deposito principale di energia e contiene carboidrati, proteine e grassi necessari per la crescita del seme (e del nostro organismo). La maggior parte dei semi è anche ricca di acidi grassi insaturi. Le proteine dei semi (attenzione! se la dieta è opportunamente variata) comprendono tutti gli aminoacidi essenziali. Nei semi si trovano anche sostanze ad attività protettiva e antiossidante come i polifenoli e i fitosteroli. Insomma, alimenti superlativi. E salutari.
Una revisione di studi scientifici ha concluso che vi è una prova sostanziale che un maggior consumo di semi (tra cui cereali, noci, legumi) è legato ad un minor rischio di diabete di tipo 2 e a fattori di rischio per malattie cardiovascolari (Circulation 2013, 128:553-565). In aggiunta, è stato dimostrato che il consumo di noci come parte di una dieta mediterranea riduce gravi complicazioni cardiovascolari (The New England Journal of Medicine 2013, 368(14):1279-1290). Infine, uno studio  ha scoperto che le donne che hanno consumato la quantità più elevata di semi e frutta a guscio hanno un minor rischio di cancro colon rettale (Cancer Epidemiology, Biomarkers and Prevention, 2004 13:1595-1603. Ce n’è abbastanza per non offenderci se qualcuno ci considera dei granivori.

Ecco dei dolci speciali i cui ingredienti sono per la quasi totalità semi o derivati.

½ tazza di olio extra vergine d’oliva
½ tazza di malto di riso
1 cucchiaino di cannella e chiodi di garofano in polvere
1 cucchiaino di anice verde
Scorza grattugiata e succo di un’arancia
2 cucchiaini colmi di bicarbonato
3-4 cucchiai di succo di mela
½ tazza di mandorle leggermente tritate
1 tazza di uvetta
Un pizzichino di sale
Circa 500 g di farina di farro tipo 2

Mescolate tutti gli ingredienti ed aggiungete la farina per ultima fino ad ottenere un composto malleabile ma non appiccicoso. Formate dei biscotti circolari (3 centimetri di diametro) che appoggerete su una piastra ricoperta di carta da forno. Cuocete a 180 gradi per 20 minuti circa. Fateli raffreddare prima di servirli. Se in questi mesi passate nelle isole greche, troverete facilmente biscotti simili a questi.

lunedì 15 aprile 2019

BISCOTTI NO ZUCCHERO (E BUONI LO STESSO)


E' uscito l'ultimo numero di RUOTALIBERA, la bella rivista dell'associazione FIAB-Amici della Bicicletta di Verona, di cui sono socio. Ci leggete la rubrica "Cibo da viaggio", con i miei consigli per confezionare con le vostre mani gustosi biscotti senza zucchero, buoni per chi pedala, ma anche per chi cammina. Trovate tutto qui. 

giovedì 13 settembre 2018

USCITO IL MIO NUOVO LIBRO "COLAZIONE DA RE"

Invecchiare bene vuol dire anche mangiare in modo salutare. La nostra dieta usuale è però troppo spesso ricca di calorie, di cibi raffinati e di origine animale, povera di verdure, legumi e cereali integrali. Tutto questo contribuisce ad aumentare il rischio di sviluppare patologie croniche. È importante quindi adottare uno stile dietetico più sano per ridurre anche la necessità di consumare farmaci.
Il volume illustra in modo semplice e chiaro gli alimenti che possono contribuire a mantenersi in buona salute per contrastare i disturbi che più interessano le persone anziane e fornisce utili indicazioni su un corretto stile di vita
Ad ogni parola è affiancata una ricetta facile e poco costosa a base di ingredienti salutari e nutrizionalmente adatti soprattutto ai soggetti non più giovani.

venerdì 16 marzo 2018

PRIMAVERA NEL PARCO DELL'ADIGE


Segnalo questa serie di interessanti iniziative che si svolgeranno nella prossime settimane primaverili presso l'azienda agricola biologica La Folaga Rossa nel parco dell'Adige a Verona. Leggete con attenzione gli appuntamenti: ce n'è per tutti (grandi e piccoli) e per tutti i gusti. Il posto è incantevole e merita una visita.
Mi permetto di segnalare l'appuntamento di sabato 16 giugno, nel quale presenterò il mio recente libro di ricette vegetariane e vegane IL CIBO DELLA TERRA. Trovate qualche altro particolare sul libro anche qui.

mercoledì 22 novembre 2017

ANCORA SALSE (E UNA CREMA SUPER)


Ancora salse, scelte tra le ricche ricette (oltre 150) presenti nel libro "Il cibo della terra". Assieme a qualche racconto e diverse schede tecniche. Cliccate sull'immagine qui sotto per ingrandirla. Potete trovare il libro qui.


mercoledì 15 novembre 2017

SALSE DAL LIBRO "IL CIBO DELLA TERRA"


Le salse sono una delizia e arricchiscono di piacere una semplice fetta di pane, delle verdure crude, una tazza di riso integrale. Eccone una scelta tra quelle proposte nel libro "Il cibo della terra", buone e salutari (il che non sempre accade) e semplici da realizzare. Cliccate sull'immagine per ingrandirla. Potete trovare il libro qui.


martedì 18 luglio 2017

BISCOTTI SENZA ZUCCHERO? ECCELLENTI!




Quelle che derivano dallo zucchero dovrebbero rappresentare al massimo il 10 per cento delle calorie totali assunte nel corso della giornata. Questo limite è proposto unanimemente dalla scienza in tutto il mondo. Qualche tempo fa l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva suggerito di ridurre questa percentuale al 5%. Secondo l’OMS, dimezzare il consumo di zucchero ridurrebbe il rischio per molte patologie come l’obesità, il diabete, le malattie cardiovascolari, diversi tumori, ecc. A suo tempo questa proposta (i cui destinatari erano i governi) ha suscitato le rimostranze della nostra Ministra della Salute Lorenzin, secondo la quale con divieti di questo genere non si costruisce una cultura dell'alimentazione. Sarà. Certo che prima di fare affermazioni azzardate e improbabili, la ministra avrebbe fatto meglio a consultare le statistiche sui consumi di zucchero in Italia. Consumi che si aggirano mediamente sui 25 kg a testa all’anno, corrispondenti a 70 g di zucchero al giorno. Che producono 275 kcal, un valore che per molti soggetti già supera il 10% delle calorie giornaliere. Infatti, i LARN 2014 (Livelli di Assunzione Raccomandati di Nutrienti, revisione 2014) indicano che, in relazione al peso, sesso e attività fisica, gli adulti dovrebbero consumare giornalmente circa 2000-2700 kcal. Si tratta naturalmente di calcoli basati su valori medi, ma che tuttavia dimostrano che il consumo di zucchero nel nostro Paese è eccessivo e che la questione meriterebbe, innanzitutto da parte delle autorità pubbliche, una riflessione e azioni conseguenti. D’altra parte, su questo punto siamo in buona (o cattiva?) compagnia. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Bmj open 2016;6:e009892, molti statunitensi superano di gran lunga questo limite. Colpa soprattutto dei cibi cosiddetti "ultra-lavorati" che sono ormai parte integrante dell'alimentazione negli USA (ma largamente pubblicizzati e acquistati anche da noi). Tra questi cibi rientrano gli snack confezionati dolci o salati, le caramelle e i dessert, le zuppe istantanee. Per la preparazione di questi alimenti si impiegano non solo dosi abbondanti di sale, zucchero, olio e grassi di dubbia qualità, ma anche sostanze artificiali non utilizzate normalmente nella nostra cucina come emulsionanti o aromi e altri additivi che servono per imitare il sapore del cibo "vero".
Da questo studio emerge chiaramente che i cibi ultra-lavorati sono molto più ricchi di zucchero rispetto agli altri (mediamente otto volte di più) e che la percentuale giornaliera di calorie prodotta dagli zuccheri aumenta di pari passo con l'aumento del consumo di cibi ultra-lavorati. L’unico modo per evitare pericolose conseguenze per la salute, suggeriscono i ricercatori, è dare un taglio netto a questi cibi ultra-lavorati e optare per preparazioni più semplici e casalinghe. Sono d’accordo.


Biscotti “no zucchero” (e buonissimi lo stesso)

1 tazza di uvetta e 10 albicocche secche a pezzetti fatte rinvenire in succo di mela
una tazza di semi di zucca tostati
una tazza di mela grattugiata finemente
una tazza di farina integrale di avena o di farro
mezza tazza di farina di mandorle
mezza tazza di pinoli
3 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
1 tazza di succo di mela
un cucchiaino di lievito istantaneo
un pizzico di sale

Scaldate il forno a 180 °C. Riunite tutti gli ingredienti in una grossa ciotola e impastateli bene (aiutatevi pure con le mani). Quando l’impasto è omogeneo, distribuitelo a cucchiai su una piastra rivestita di carta da forno. Infornate per 15-20 minuti.


mercoledì 21 dicembre 2016

PANFRUTTO PER CICLISTI

E' uscito l'ultimo numero di RUOTALIBERA, la bella rivista dell'associazione FIAB-Amici della Bicicletta di Verona, di cui sono socio. A pagina 17 trovate la mia ricetta del "Panfrutto FIAB", speciale per sostenere chi pedala in queste giornate impegnative.

mercoledì 27 aprile 2016

IL PUNTO SUL PEPERONCINO (CON RICETTE!)



 
Il peperoncino piccante arriva in Europa in seguito alle spedizioni di Cristoforo Colombo nelle Americhe, assieme a molti altri vegetali come le patate, i pomodori, le zucche, diversi tipi di fagioli, il tabacco e il cacao. Con molta probabilità il peperoncino selvatico veniva usato come alimento-medicina dalle popolazioni indigene del Messico già intorno a 7500 anni a.C. per curare le ferite, per prevenire le malattie broncopolmonari, per contrastare le infezioni, per alleviare il mal di denti e per la conservazione degli alimenti.

Il pepe nero per i ricchi, il peperoncino per la plebe

Nel 1500, in Europa, la spezia piccante usata per conservare gli alimenti deperibili era il costosissimo pepe nero, che non poteva essere coltivato nelle nostre regioni, era interamente importato dai lontani Paesi orientali e per questo riservato alle classi nobili.
Il peperoncino, al contrario, attecchì immediatamente e la sua coltivazione si dimostrò assai facile. Questo vegetale entrò dunque molto rapidamente nelle cucine popolari europee, ma si diffuse velocemente anche in India, in Cina e perfino in Giappone.
Mattioli, famoso studioso senese del XVI secolo, scrisse il primo trattato su questa pianta. Fu poi Linneo nel corso del XVIII secolo a fissare per il peperoncino il nome scientifico Capsicum (dal latino capsa, scatola, cassa).

La medicina popolare

L’impiego del peperoncino nella terapia popolare vanta una tradizione molto antica e, come capita spesso in questi casi, un numero piuttosto vasto di indicazioni.
Secondo la medicina popolare, il peperoncino risulterebbe dunque indicato per curare e prevenire turbe digestive, accidenti cardiovascolari, calo del desiderio sessuale, ipertensione, ipotensione, tabagismo, turbe della coagulazione sanguigna, fragilità capillare, ulcera gastrica e duodenale, emorroidi e ragadi, ipercolesterolemia, prostatite, allergie, asma, trombosi, colite, cancro, nevralgia, reumatismi, distorsioni, lombaggini, torcicollo, gotta, alcolismo, depressione, ansia, faringiti, laringiti, alopecia, distacco di retina, incontinenza urinaria, ritenzione idrica, dismenorrea, otite, insufficienza epatica, psoriasi, stipsi, herpes zoster.
L’ennesima inaffidabile panacea, dunque? Non proprio.
Negli ultimi decenni si sono moltiplicati gli studi sul peperoncino con risultati che, in molti casi, hanno dato fondamento scientifico almeno ad alcune delle indicazioni appena ricordate.

Il cancro

Il peperoncino piccante è una ottima fonte di sostanze antiossidanti, il cui consumo è associato ad una riduzione del rischio tumorale: i flavonoidi, gli acidi fenolici, i carotenoidi, la vitamina A, la vitamina C, i tocoferoli, la capsaicina e la diidrocapsaicina (responsabili della piccantezza del vegetale).
Gli estratti di peperoncino esercitano (su cellule in vitro) un evidente effetto di rallentamento dello sviluppo cellulare.
È doveroso d’altra parte segnalare anche i risultati di uno studio che rivela un certo aumento del rischio di cancro gastrico legato al forte consumo di peperoncino (European Journal of Cancer Prevention 2000 Apr.9(2):89-97).

Il metabolismo

L’inserimento del peperoncino nella dieta sembra incidere in modo significativo su diversi aspetti del metabolismo, aumentando il consumo di energia, ma solamente per la prima mezz’ora dopo il pasto (Journal of Nutritional Science and Vitaminology 1995 Dec.41(6):647-56). Oppure riducendo in modo significativo l’appetito e il consumo di proteine, di carboidrati e di grassi nel pasto successivo (British Journal of Nutrition 1999 Aug.82(2):115-23).

La digestione

Uno studio ha dimostrato che il consumo di peperoncino esercita una chiara protezione contro lo sviluppo dell’ulcera gastrica (Digestive Diseases and Sciences 1995 Mar.40(3):576-9). Altri ricercatori hanno documentato un effetto protettivo sulla mucosa gastrica durante l’assunzione di aspirina (Digestive Diseases and Sciences 1995 Mar.40(3):580-3).
Uno studio italiano (Alimentary Pharmacology & Therapeutics 2002 Jun.16(6):1075-82) ha dimostrato l’utilità dell’assunzione giornaliera di 2,5 g di peperoncino in polvere per 5 settimane per ridurre le difficoltà digestive in pazienti senza reflusso gastroesofageo e senza colon irritabile. Occorre tuttavia precisare che l’esperienza clinica non sempre coincide con questi risultati e il consumo di peperoncino è sovente sconsigliato e sconsigliabile nei soggetti con disturbi digestivi.

Le varietà di peperoncino

Le varietà coltivate di peperoncino sono veramente numerose, anche per la facilità con la quale le diverse specie si ibridano. Le cinque specie più comuni sono:
Capsicum annuum, probabilmente la più diffusa nel nostro Paese, che comprende oltre a diverse varietà di peperoncino piccante anche i peperoni dolci; Capsicum baccatum; Capsicum chinense, proveniente dall’Amazzonia a dispetto del nome e con alcune varietà che arrivano anche a due metri di altezza; Capsicum frutescens, cioè “a forma di arbusto”; Capsicum pubescens, molto coltivato in America del Sud. Esistono altre decine di specie meno diffuse e che si caratterizzano per splendide variazioni nella colorazione dei fiori, dei frutti e, ovviamente, della piccantezza. La quale, misurata sulla scala Scoville (il chimico statunitense Wilbur Lincoln Scoville la mise a punto nel 1912), può variare da zero per il peperone dolce fino a diversi milioni per peperoncini piccantissimi. Si noti che lo spray al peperoncino in dotazione alle forze di polizia ha un valore di circa 5 milioni e per questo è in grado di provocare tosse e forti irritazioni di occhi, naso e bocca, ma anche gravi crisi respiratorie nei soggetti predisposti.

Deve per forza essere piccante?

La piccantezza è la caratteristica più amata dai gastronomi devoti del peperoncino, ma anche da coloro che sono estimatori delle sue proprietà salutistiche. Che però spesso confondono la maggiore piccantezza con l’esaltazione della salubrità del nostro indiavolato ortaggio. Non è così.
A parte il fatto che, almeno per i miei gusti (che non sono ovviamente quelli di tutti), una eccessiva piccantezza del peperoncino ne limita un più largo impiego in gastronomia, occorre ricordare che la piccante capsaicina non sembra essere l’unico responsabile dei vantaggi per la salute che derivano dalla presenza del peperone nella dieta. Infatti il capsiato e i suoi diidroderivati, componenti non aggressive del peperone dolce, hanno dimostrato di avere la capacità di indurre in laboratorio la morte spontanea nelle cellule tumorali (European Journal of Nutrition 2003 Jan.42(1):2-9). Esattamente come la pungente capsaicina.
 
In sintesi benefici e avvertenze per l'uso

Secondo la tradizione popolare molte patologie come arteriosclerosi, infarti, emorroidi, ulcere, ragadi, ipercolesterolemia, varici, trombosi e molte altre condizioni morbose sarebbero influenzate favorevolmente da questa solanacea. Conferme scientifiche suggeriscono che effettivamente il peperoncino, grazie probabilmente alla sua ricchezza di carotenoidi e al notevole contenuto di sostanze antiossidanti e di vitamine C ed E, contribuisce alla prevenzione di molte patologie cronico-degenerative. Tuttavia, mentre non è in discussione la generale salubrità dell’uso gastronomico del peperoncino (con qualche prudente precauzione per gastritici, ulcerosi e colitici), non è ancora stata identificata la dose giornaliera necessaria in caso di impiego terapeutico. Una dose terapeutica di peperoncino in polvere che dovrebbe variare, in relazione ai diversi ricercatori e alle diverse esperienze, da 1 grammo fino a 5-8 grammi al giorno. Quantitativi, questi ultimi, certamente da collocarsi non più nell’ambito della gastronomia, ma della vera e propria farmacologia. La questione è dunque ancora aperta.


RICETTE

Spaghetti aglio olio peperoncino (per 4 porzioni)

360 g di spaghetti
Uno o due peperoncini
5 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
Due spicchi d’aglio
Un mazzetto di basilico fresco
Sale

Prima versione, classica, della ricetta. Nota a tutti, anche agli stranieri, ma sulla quale vale la pena di fare il punto. Soprattutto per evidenziare alcuni accorgimenti nella realizzazione che, alla fine, faranno la differenza. Sciacquate rapidamente il basilico e mettetelo a bollire per due minuti nell’acqua che servirà per la pasta. Nel frattempo, in una padella piuttosto capiente (servirà per terminare la cottura del piatto) mettete l’aglio sbucciato e schiacciato con la lama del coltello. Aggiungete 2 cucchiai d’olio e il peperoncino intero oppure tagliato a rondelle e privato dei semi. Fate riscaldare l’olio a fiamma molto bassa e lasciate cuocere gli aromi per qualche decina di secondi. Spegnete il fuoco e lasciate che l’olio caldo assorba le fragranze. Togliete il basilico dall’acqua, aggiungete il sale e fate cuocere gli spaghetti molto al dente. Scolateli non troppo e versateli nella padella del sugo. Aggiungete l’olio crudo rimanente e, a fuoco acceso, rimestate completando la cottura della pasta, eventualmente aggiungendo qualche cucchiaio dell’acqua di cottura. Da servire immediatamente.

Seconda versione, a crudo, molto rapida e salutare. In questo caso è più importante che mai che gli ingredienti (specialmente l’aglio e l’olio) siano di ottima qualità. Tritate molto finemente l'aglio oppure, meglio, pestatelo in un mortaio per ridurlo in pasta. Mettetelo a insaporire con il peperoncino tritato nell’olio per il tempo di cottura degli spaghetti (qualcuno, perfezionista, afferma che l’infusione dovrebbe durare almeno 12-24 ore: nessuno vi impedisce di provare). Scolate la pasta al dente (questa volta non “molto al dente”) e conditela con il sugo aromatico.

Farinata di ceci con cipolla rossa e peperoncino

100 g farina di ceci
250 g d'acqua
una cipolla rossa piuttosto grossa
uno o due peperoncini (secondo il gusto)
olio extra vergine di oliva
sale

Aggiungete a poco a poco l’acqua alla farina di ceci, mescolando con cura per evitare la formazione di grumi. Otterrete una pastella densa che lascerete riposare per due ore. Nel frattempo, sbucciate e affettate la cipolla rossa e fatela stufare, assieme al peperoncino tritato finemente, in un paio di cucchiai di olio. Salate leggermente e, se serve, aggiungete poca acqua calda per aiutare la cipolla a diventare tenera. Riprendete la pastella (togliete la schiuma che si fosse eventualmente formata in superficie), salate e aggiungete le cipolle stufate. Amalgamate il tutto e versate in una teglia da forno unta (lo spessore non dovrà essere più di mezzo centimetro). Infornate a 200 °C per 20-30 minuti: si formerà in superficie una crosticina dorata. Buona tiepida, con accompagnamento di insalata fresca, ma anche fredda come antipasto oppure come ripieno di un gustoso panino.

Castagnaccio al peperoncino




400 g di farina di castagne
600 g di acqua
30 g di uvetta
40 g di gherigli di noce
un pizzico o due di peperoncino secco macinato
un rametto di rosmarino fresco
olio extravergine di oliva
sale

Mettete a bagno l'uvetta in acqua per mezz’ora, quindi scolatela e lasciatela asciugare su un panno pulito.
Mescolate alla farina di castagne il peperoncino e un pizzicone di sale e unite a poco a poco l'acqua, mescolando con un cucchiaio legno per evitare i grumi. Otterrete una pastella abbastanza liquida che verserete (lo spessore non dovrà superare il centimetro) in una teglia con bordo basso unta abbondantemente con qualche cucchiaio d’olio. Spargete sul composto l’uvetta, le noci spezzettate e il rosmarino e cuocete per una mezz’ora in forno preriscaldato a 200 °C, finché non si sarà formata in superficie una fitta rete di screpolature. Il castagnaccio è buono tiepido. Se avanza, prima di consumarlo riscaldatelo leggermente. 

(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)