Il
peperoncino piccante arriva in Europa in seguito alle spedizioni di Cristoforo
Colombo nelle Americhe, assieme a molti altri vegetali come le patate, i
pomodori, le zucche, diversi tipi di fagioli, il tabacco e il cacao. Con molta
probabilità il peperoncino selvatico veniva usato come alimento-medicina dalle
popolazioni indigene del Messico già intorno a 7500 anni a.C. per curare le
ferite, per prevenire le malattie broncopolmonari, per contrastare le
infezioni, per alleviare il mal di denti e per la conservazione degli alimenti.
Il
pepe nero per i ricchi, il peperoncino per la plebe
Nel
1500, in Europa, la spezia piccante usata per conservare gli alimenti
deperibili era il costosissimo pepe nero, che non poteva essere coltivato nelle
nostre regioni, era interamente importato dai lontani Paesi orientali e per
questo riservato alle classi nobili.
Il
peperoncino, al contrario, attecchì immediatamente e la sua coltivazione si
dimostrò assai facile. Questo vegetale entrò dunque molto rapidamente nelle
cucine popolari europee, ma si diffuse velocemente anche in India, in Cina e
perfino in Giappone.
Mattioli,
famoso studioso senese del XVI secolo, scrisse il primo trattato su questa
pianta. Fu poi Linneo nel corso del XVIII secolo a fissare per il peperoncino
il nome scientifico Capsicum (dal
latino capsa, scatola, cassa).
La
medicina popolare
L’impiego
del peperoncino nella terapia popolare vanta una tradizione molto antica e,
come capita spesso in questi casi, un numero piuttosto vasto di indicazioni.
Secondo
la medicina popolare, il peperoncino risulterebbe dunque indicato per curare e
prevenire turbe digestive, accidenti cardiovascolari, calo del desiderio
sessuale, ipertensione, ipotensione, tabagismo, turbe della coagulazione
sanguigna, fragilità capillare, ulcera gastrica e duodenale, emorroidi e
ragadi, ipercolesterolemia, prostatite, allergie, asma, trombosi, colite,
cancro, nevralgia, reumatismi, distorsioni, lombaggini, torcicollo, gotta,
alcolismo, depressione, ansia, faringiti, laringiti, alopecia, distacco di
retina, incontinenza urinaria, ritenzione idrica, dismenorrea, otite,
insufficienza epatica, psoriasi, stipsi, herpes zoster.
L’ennesima
inaffidabile panacea, dunque? Non proprio.
Negli
ultimi decenni si sono moltiplicati gli studi sul peperoncino con risultati
che, in molti casi, hanno dato fondamento scientifico almeno ad alcune delle
indicazioni appena ricordate.
Il
cancro
Il
peperoncino piccante è una ottima fonte di sostanze antiossidanti, il cui
consumo è associato ad una riduzione del rischio tumorale: i flavonoidi, gli
acidi fenolici, i carotenoidi, la vitamina A, la vitamina C, i tocoferoli, la capsaicina
e la diidrocapsaicina (responsabili della piccantezza del vegetale).
Gli
estratti di peperoncino esercitano (su cellule in vitro) un evidente effetto di
rallentamento dello sviluppo cellulare.
È
doveroso d’altra parte segnalare anche i risultati di uno studio che rivela un
certo aumento del rischio di cancro gastrico legato al forte consumo di
peperoncino (European Journal of Cancer Prevention 2000 Apr.9(2):89-97).
Il
metabolismo
L’inserimento
del peperoncino nella dieta sembra incidere in modo significativo su diversi
aspetti del metabolismo, aumentando il consumo di energia, ma solamente per la
prima mezz’ora dopo il pasto (Journal of Nutritional Science and Vitaminology
1995 Dec.41(6):647-56). Oppure riducendo in modo significativo l’appetito e il
consumo di proteine, di carboidrati e di grassi nel pasto successivo (British Journal
of Nutrition 1999 Aug.82(2):115-23).
La
digestione
Uno
studio ha dimostrato che il consumo di peperoncino esercita una chiara
protezione contro lo sviluppo dell’ulcera gastrica (Digestive Diseases and Sciences
1995 Mar.40(3):576-9). Altri ricercatori hanno documentato un effetto protettivo
sulla mucosa gastrica durante l’assunzione di aspirina (Digestive Diseases and
Sciences 1995 Mar.40(3):580-3).
Uno
studio italiano (Alimentary Pharmacology & Therapeutics 2002
Jun.16(6):1075-82) ha dimostrato l’utilità dell’assunzione giornaliera di 2,5 g
di peperoncino in polvere per 5 settimane per ridurre le difficoltà digestive in
pazienti senza reflusso gastroesofageo e senza colon irritabile. Occorre
tuttavia precisare che l’esperienza clinica non sempre coincide con questi
risultati e il consumo di peperoncino è sovente sconsigliato e sconsigliabile
nei soggetti con disturbi digestivi.
Le
varietà di peperoncino
Le
varietà coltivate di peperoncino sono veramente numerose, anche per la facilità
con la quale le diverse specie si ibridano. Le cinque specie più comuni sono:
Capsicum
annuum,
probabilmente la più diffusa nel nostro Paese, che comprende oltre a diverse
varietà di peperoncino piccante anche i peperoni dolci; Capsicum baccatum;
Capsicum chinense, proveniente
dall’Amazzonia a dispetto del nome e con alcune varietà che arrivano anche a
due metri di altezza; Capsicum frutescens,
cioè “a forma di arbusto”; Capsicum
pubescens, molto coltivato in America del Sud. Esistono altre decine di
specie meno diffuse e che si caratterizzano per splendide variazioni nella
colorazione dei fiori, dei frutti e, ovviamente, della piccantezza. La quale,
misurata sulla scala Scoville (il chimico
statunitense Wilbur Lincoln Scoville la mise a punto nel 1912), può variare da
zero per il peperone dolce fino a diversi milioni per peperoncini
piccantissimi. Si noti che lo spray al peperoncino in dotazione alle forze di
polizia ha un valore di circa 5 milioni e per questo è in grado di provocare tosse
e forti irritazioni di occhi, naso e bocca, ma anche gravi crisi respiratorie
nei soggetti predisposti.
Deve
per forza essere piccante?
La
piccantezza è la caratteristica più amata dai gastronomi devoti del peperoncino,
ma anche da coloro che sono estimatori delle sue proprietà salutistiche. Che
però spesso confondono la maggiore piccantezza con l’esaltazione della
salubrità del nostro indiavolato ortaggio. Non è così.
A
parte il fatto che, almeno per i miei gusti (che non sono ovviamente quelli di
tutti), una eccessiva piccantezza del peperoncino ne limita un più largo
impiego in gastronomia, occorre ricordare che la piccante capsaicina non sembra
essere l’unico responsabile dei vantaggi per la salute che derivano dalla
presenza del peperone nella dieta. Infatti il capsiato e i suoi diidroderivati,
componenti non aggressive del peperone dolce, hanno dimostrato di avere la
capacità di indurre in laboratorio la morte spontanea nelle cellule tumorali (European
Journal of Nutrition 2003 Jan.42(1):2-9). Esattamente come la pungente
capsaicina.
In
sintesi benefici e avvertenze per l'uso
Secondo
la tradizione popolare molte patologie come arteriosclerosi, infarti,
emorroidi, ulcere, ragadi, ipercolesterolemia, varici, trombosi e molte altre
condizioni morbose sarebbero influenzate favorevolmente da questa solanacea. Conferme
scientifiche suggeriscono che effettivamente il peperoncino, grazie
probabilmente alla sua ricchezza di carotenoidi e al notevole contenuto di
sostanze antiossidanti e di vitamine C ed E, contribuisce alla prevenzione di
molte patologie cronico-degenerative. Tuttavia, mentre non è in discussione la
generale salubrità dell’uso gastronomico del peperoncino (con qualche prudente precauzione
per gastritici, ulcerosi e colitici), non è ancora stata identificata la dose
giornaliera necessaria in caso di impiego terapeutico. Una dose terapeutica di
peperoncino in polvere che dovrebbe variare, in relazione ai diversi
ricercatori e alle diverse esperienze, da 1 grammo fino a 5-8 grammi al giorno.
Quantitativi, questi ultimi, certamente da collocarsi non più nell’ambito della
gastronomia, ma della vera e propria farmacologia. La questione è dunque ancora
aperta.
RICETTE
Spaghetti
aglio olio peperoncino (per 4 porzioni)
360 g di spaghetti
Uno o due peperoncini
5 cucchiai di olio extra
vergine d’oliva
Due spicchi d’aglio
Un mazzetto di basilico
fresco
Sale
Prima
versione, classica, della ricetta. Nota a tutti, anche agli stranieri, ma sulla
quale vale la pena di fare il punto. Soprattutto per evidenziare alcuni
accorgimenti nella realizzazione che, alla fine, faranno la differenza.
Sciacquate rapidamente il basilico e mettetelo a bollire per due minuti nell’acqua
che servirà per la pasta. Nel frattempo, in una padella piuttosto capiente (servirà
per terminare la cottura del piatto) mettete l’aglio sbucciato e schiacciato
con la lama del coltello. Aggiungete 2 cucchiai d’olio e il peperoncino intero
oppure tagliato a rondelle e privato dei semi. Fate riscaldare l’olio a fiamma
molto bassa e lasciate cuocere gli aromi per qualche decina di secondi.
Spegnete il fuoco e lasciate che l’olio caldo assorba le fragranze. Togliete il
basilico dall’acqua, aggiungete il sale e fate cuocere gli spaghetti molto al
dente. Scolateli non troppo e versateli nella padella del sugo. Aggiungete
l’olio crudo rimanente e, a fuoco acceso, rimestate completando la cottura
della pasta, eventualmente aggiungendo qualche cucchiaio dell’acqua di cottura.
Da servire immediatamente.
Seconda
versione, a crudo, molto rapida e salutare. In questo caso è più importante che
mai che gli ingredienti (specialmente l’aglio e l’olio) siano di ottima
qualità. Tritate molto finemente l'aglio oppure, meglio, pestatelo in un
mortaio per ridurlo in pasta. Mettetelo a insaporire con il peperoncino tritato
nell’olio per il tempo di cottura degli spaghetti (qualcuno, perfezionista,
afferma che l’infusione dovrebbe durare almeno 12-24 ore: nessuno vi impedisce
di provare). Scolate la pasta al dente (questa volta non “molto al dente”) e conditela
con il sugo aromatico.
Farinata
di ceci con cipolla rossa e peperoncino
100 g farina di ceci
250 g d'acqua
una cipolla rossa piuttosto grossa
uno o due peperoncini (secondo il gusto)
olio extra vergine di oliva
sale
250 g d'acqua
una cipolla rossa piuttosto grossa
uno o due peperoncini (secondo il gusto)
olio extra vergine di oliva
sale
Aggiungete a poco a poco l’acqua
alla farina di ceci, mescolando con cura per evitare la formazione di grumi.
Otterrete una pastella
densa che lascerete riposare per due ore. Nel frattempo, sbucciate e affettate
la cipolla rossa e fatela stufare, assieme
al peperoncino tritato finemente, in un paio di cucchiai di olio. Salate
leggermente e, se serve, aggiungete poca acqua calda per aiutare la cipolla a
diventare tenera. Riprendete la pastella (togliete la schiuma che si fosse
eventualmente formata in superficie), salate e aggiungete le cipolle stufate. Amalgamate
il tutto e versate in una teglia da forno unta (lo spessore non dovrà essere più
di mezzo centimetro). Infornate a 200 °C per 20-30 minuti: si formerà in
superficie una crosticina dorata. Buona tiepida, con accompagnamento di
insalata fresca, ma anche fredda come antipasto oppure come ripieno di un
gustoso panino.
Castagnaccio
al peperoncino
400 g di farina
di castagne
600 g di acqua
30 g di uvetta
40 g di gherigli di noce
un pizzico o due di peperoncino secco macinato
un rametto di rosmarino fresco
olio extravergine di oliva
sale
600 g di acqua
30 g di uvetta
40 g di gherigli di noce
un pizzico o due di peperoncino secco macinato
un rametto di rosmarino fresco
olio extravergine di oliva
sale
Mettete
a bagno l'uvetta in acqua per mezz’ora, quindi
scolatela e lasciatela asciugare su un panno pulito.
Mescolate
alla farina di castagne il peperoncino e un pizzicone di sale e unite a poco a
poco l'acqua, mescolando con un cucchiaio legno per evitare i grumi. Otterrete una
pastella abbastanza liquida che verserete (lo spessore non dovrà superare il
centimetro) in una teglia con bordo basso unta abbondantemente con qualche
cucchiaio d’olio. Spargete sul composto l’uvetta, le noci spezzettate e il rosmarino
e cuocete per una mezz’ora in forno preriscaldato a 200 °C, finché non si sarà
formata in superficie una fitta rete di screpolature. Il castagnaccio è buono
tiepido. Se avanza, prima di consumarlo riscaldatelo leggermente.
(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)
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