Quando frequentavo le elementari, interrogativi su quello
che arrivava nel piatto, a pranzo e a cena, non ce n’erano. Le cose erano piuttosto
chiare e limpide: la pasta era la pasta (preferibilmente tortiglioni), i
pomodori maturi conditi facevano un delizioso sughetto dove potevi intingere il
pane (il pane era il pane, meglio se appena sfornato), il formaggio non aveva
mai la crosta (la toglieva con cura mia madre prima di servirlo in tavola già
porzionato, così si poteva mangiare senza usare il coltello, pericoloso per i
bambini). Eppure c’erano due alimenti nel mio orizzonte gastronomico sui quali
l’oscurità era quasi totale: le veccie e i lupini. Delle prime ve ne parlerò
un’altra volta. Sappiate solo che Pinocchio le mangiò durante un viaggio che
fece sulla groppa di un colombo alla ricerca del padre Geppetto. I lupini,
invece, me li trovavo davanti ogni domenica pomeriggio, affogati in una grande
tinozza all’uscita dalla chiesa, vicino al carrettino dell’ambulante colmo di
ghiottonerie. I miei compagni spendevano le poche lire della mancia settimanale
per un cartoccio gocciolante di quei semi gialli. Ho provato una volta ad
acquistare il mio cartoccio ed ho capito subito che il piacere non stava tanto
nel masticare sommariamente quei fagioloni semicrudi, salatissimi e con un
retrogusto amarotico (insomma, erano decisamente migliori le liquirizie oppure
le colorate boccette di “rosolio”). Ma piuttosto nello sputare con forza la
buccia coriacea dei lupini addosso alle ragazze. Insomma, un alimento da monellacci.
Ed io, che in realtà avevo una paura inconfessabile della reazione dei nostri
bersagli preferiti, decisi di chiudere subito il mio rapporto con i lupini.
Dopo cinquant’anni ho dovuto ricredermi. Infatti alcuni recenti studi italiani e internazionali condotti
all'interno del progetto europeo Healthy-Profood hanno scoperto in
questo legume qualità terapeutiche inaspettate: il consumo di lupini riduce
i livelli di colesterolo e previene ipertensione e diabete. Non solo, il lupino
si candida a diventare la proteina di riferimento per i vegetariani, da
affiancare o sostituire alla soia. È infatti il legume più ricco di proteine (35-40%,
più di soia, piselli, fagioli e ceci) e la bevanda a base di lupino (il
“latte” di lupino) può costituire un'interessante alternativa per i celiaci
o per chi è intollerante al lattosio.
Insomma, si prospetta un futuro piuttosto roseo per un
quello che sembrava solamente un passatempo domenicale per ragazzacci.
Polpette di lupini (per 4 persone)
250 g di lupini e
scolati (li potete trovare in commercio già cotti e confezionati in sacchetti
sottovuoto)
2 fette di pane integrale
raffermo
pane grattugiato
olio extra vergine
d’oliva
sale
1 cucchiaio di farina
di frumento (oppure di amido di mais)
Sciacquate i lupini e sbucciateli. Togliete la crosta al
pane, mettetelo nel frullatore, aggiungete i lupini, un pizzico di sale, la
farina e un po’ di acqua. Frullate per bene e, se l’impasto fosse troppo
morbido, aggiungete qualche cucchiaio di pangrattato. Con le mani bagnate, formare
delle palline, rotolatele nel pane grattugiato e disponetele su una teglia foderata
con carta da forno. Rifinite con un filo di olio.
Infornate per circa 15-20 minuti a 200 °C. A metà cottura
giratele con attenzione perché si dorino in modo uniforme.
Lasciatele intiepidire prima di consumarle: sarà più facile
trasferirle nei piatti. Sono perfette con un contorno di insalata di cavolo
cappuccio insaporita con un pizzico di cumino.
(Dalla mia rubrica Vegetariando sulla rivista Vita e Salute)
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