Mi domando qualche volta se il tempo che impiego per cucinare sia tempo
ben impiegato. Sono certo di sì. Non solo perché ho coltivato nel tempo una
certa passione per la cucina (e fare qualcosa di piacevole e gratificante è
sempre molto importante per la propria salute fisica e mentale). Ma anche perché
il rapporto stretto e quotidiano con i fornelli mi fornisce strumenti e
argomenti buoni per la mia professione. Diversi miei pazienti, ad esempio,
quando propongo loro di preparare il riso integrale si scoraggiano non appena
spiego la ricetta nei particolari (sì, anche questo è compreso nelle mie
prescrizioni) rivelando che per una buona cottura del riso serve almeno un’ora.
“Un’ora?! Non ho mica tutto questo tempo!” è la risposta che quasi sempre
ricevo. Devo subito spiegare che il riso integrale si cuoce da solo, che non
occorre stare lì a guardarlo per 60 minuti e che si può, in quel tempo, fare
proficuamente dell’altro: leggere, ricamare, pulire il bagno, scrivere,
lavorare al computer, sistemare il terrazzo e riordinare le piante, parlare con
i figli, correggere i compiti. Non solo, il riso integrale si può cuocere con
largo anticipo (la sera per il giorno dopo), senza paura che scuocia. E quello
che avanza (meglio se non condito) può aspettare in frigorifero anche per 4-5
giorni che arrivi il suo turno per andare in tavola. Buono e gustoso come
appena cotto. Insomma, il riso integrale più che una complicazione, a me sembra
sinceramente una gran comodità.
Dopo trent’anni che faccio questo mestiere, mi sembra ormai di aver
capito almeno un paio di cose. La prima, che chi ha qualche disturbo è una
persona che (non sempre, ma spesso) sottovaluta l’importanza di dedicare un po’
di tempo a cucinare il proprio cibo. E la seconda: che un primo segnale della
voglia di stare bene è proprio la decisione di (ri)cominciare a cucinare.
Più cala il tempo dedicato alla cucina (secondo le statistiche siamo a
30 minuti per il pranzo e altrettanti per la cena) più si riduce la qualità del
nostro cibo. Siamo molto lontani dai tempi di mia nonna Pina che, nella sua
praticità, preparava per pranzo un minestrone eccellente e profumato non
dimenticando di mettere sul fuoco la pentola alle 7 del mattino (anche se poi
lei se ne andava in giro per spese e chiacchiere per 3-4 ore).
Una ricerca effettuata qualche anno fa qui a Verona dal Servizio di
Diabetologia Pediatrica dell’Università e dall’ULSS 20 sulle abitudini
alimentari dei ragazzi della scuola dell’obbligo ha scoperto proprio questo:
nelle famiglie dove si cucina meno aumentano l’obesità infantile, il consumo di
alimenti “spazzatura” (bibite zuccherate, prodotti da forno industriali, piatti
precotti, ecc.) e si riduce, al contrario, la presenza sulla tavola di frutta e
verdure fresche.
Con questo spirito, con la consapevolezza che state facendo qualcosa di
importante e di buono non solo per riempire lo stomaco, ma anche per la vostra
salute psicofisica, cimentatevi nella preparazione di questo piatto.
Seitan profumato (per 4 persone)
400 g di seitan
1 limone
1 arancia
1 spicchio di aglio
1 bicchiere di salsa di pomodoro
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
1 cucchiaio di salsa di soia
2 cucchiai di olio extra vergine
d’oliva
Preparate una marinata mescolando il succo degli agrumi, la salsa di
soia, il prezzemolo, l’aglio tritato e la salsa di pomodoro. Tagliate in
quattro fette il seitan e immergetelo nella salsa per 3-4 ore. In una padella
mettete l’olio, fate scaldare dolcemente e aggiungete il seitan. Rivoltatelo
rapidamente un paio di volte e aggiungete la marinata. Fate asciugare a fuoco
molto dolce e servite con una insalata primaverile e pane integrale tostato.
Nessun commento:
Posta un commento