Ho amici a cui non piace il seitan, quell’impasto di glutine
che, trattato con sapienza e maestria,
dovrebbe
servire a preparare piatti che assomigliano a quelli a base di carne. Non
hanno tutti i torti: se tratti qualcosa come un “surrogato” di qualcos’altro, è
chiaro che il confronto è impari. Un po’ come succedeva con il caffè d’orzo (succedaneo
del caffè vero durante i tempi grami della guerra). Adesso che anche i bar alla
moda lo propongono (“in tazza grande…”), sono rari quelli che storcono la bocca
al solo sentirlo nominare. Per il seitan, dunque, ho voluto provare una ricetta
che lo valorizzasse, utilizzando ingredienti e piccoli accorgimenti adatti a
questo speciale alimento. Ecco la procedura. Veloce, come è richiesto dalla
stagione. Vi servono 300 g di seitan. Spezzettatelo con le mani (non
tagliatelo) e mettetelo a rosolare a fuoco basso in un po’ d’olio extra vergine
d’oliva. Dopo qualche minuto, aggiungete un cucchiaio di shoyu (salsa di soia),
un cucchiaio di succo fresco di zenzero, un cucchiaio di malto di riso, un paio
di cucchiai di succo di limone, un goccio d’acqua calda. Una miscela di aromi
particolarmente indovinata, di ascendenze rinascimentali. Fate rapprendere (non
troppo) e, a fuoco spento, completate con un cipollotto affettato. È pronto. Ed
è seitan (non carne).
(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)
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