mercoledì 24 aprile 2013

SEITAN, NON SURROGATO



Ho amici a cui non piace il seitan, quell’impasto di glutine che,  trattato con sapienza e maestria, dovrebbe
servire a preparare piatti che assomigliano a quelli a base di carne. Non hanno tutti i torti: se tratti qualcosa come un “surrogato” di qualcos’altro, è chiaro che il confronto è impari. Un po’ come succedeva con il caffè d’orzo (succedaneo del caffè vero durante i tempi grami della guerra). Adesso che anche i bar alla moda lo propongono (“in tazza grande…”), sono rari quelli che storcono la bocca al solo sentirlo nominare. Per il seitan, dunque, ho voluto provare una ricetta che lo valorizzasse, utilizzando ingredienti e piccoli accorgimenti adatti a questo speciale alimento. Ecco la procedura. Veloce, come è richiesto dalla stagione. Vi servono 300 g di seitan. Spezzettatelo con le mani (non tagliatelo) e mettetelo a rosolare a fuoco basso in un po’ d’olio extra vergine d’oliva. Dopo qualche minuto, aggiungete un cucchiaio di shoyu (salsa di soia), un cucchiaio di succo fresco di zenzero, un cucchiaio di malto di riso, un paio di cucchiai di succo di limone, un goccio d’acqua calda. Una miscela di aromi particolarmente indovinata, di ascendenze rinascimentali. Fate rapprendere (non troppo) e, a fuoco spento, completate con un cipollotto affettato. È pronto. Ed è seitan (non carne).

(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)


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