Mi piacciono
le polpette. Un tempo, più di adesso, erano un alimento consueto. Si aveva la
cultura (la necessità, direi morale, ci sarebbe anche adesso) di non buttare
nulla e, probabilmente, c’era anche un po’ più di tempo da dedicare alla cucina.
Le vedevo, le polpette, nelle osterie del mio paese (in realtà un quartiere
periferico a sud della città, ma definito “paese” da tutti quelli che allora ci
abitavano, operai e muratori per lo più, forse per contrapporlo alla “città”
dei signori, lontana solo un paio di chilometri). Stavano appoggiate in piccole
piramidi ordinate sui piatti bianchi che sul bancone contendevano lo spazio ai
gomiti degli avventori. Che se le mangiavano di gusto come spuntino o antipasto
prendendole direttamente con le dita tra una chiacchiera e l’altra prima di
tornare a casa.
Mia madre le
preparava di tanto in tanto per riutilizzare gli avanzi. Resti del pranzo della
domenica, pane vecchio, cipolla, aglio, prezzemolo e altro che passava il
convento: tutto era triturato con una meravigliosa macchina tritatutto, fatta
di solido metallo e con una manovella che mi divertivo un mondo a girare (era
uno di quegli aggeggi che ci sono in casa, sono già lì quando sei arrivato e ci
rimangono anche quando tu prendi altre strade: infatti adesso, dopo 4-5
traslochi, la magica macchinetta non so più che fine abbia fatto). Con
l’aggiunta di un uovo e di un pizzico di sale, l’impasto era pronto per essere
trasformato in polpette. Chiunque prepari le polpette ha nelle sue mani la
forma e le dimensioni preferite: quelle di mia madre erano polpette di cinque
centimetri di diametro, piuttosto appiattite. Io le voglio più piccole e
tendenzialmente sferiche. I miei ingredienti preferiti sono i cereali (riso
integrale avanzato, come da tradizione, ma anche cotto apposta, fiocchi
d’avena, bulghur, ecc.) cipolla cruda, aglio e quello che offre la stagione
(sedano, carote, zucchine…). Non deve mancare, se volete fare a meno dell’uovo,
un cucchiaio (o due) di farina di ceci: l’effetto legante è assicurato.
Ultimamente mi vengono bene queste. Tra l’altro, le potete cuocere in forno
evitando la frittura: verranno più digeribili e più sane.
Polpette di
riso e verdure
1 bicchiere
di riso integrale
2,5
bicchieri di acqua o di brodo vegetale
1 cipolla
1 costa di
sedano
1 carota
piccola
1 spicchio
d’aglio
1 cucchiaio
di prezzemolo tritato
1 cucchiaio
colmo di farina di ceci
2 cucchiai
d’olio extra vergine d’oliva
mezzo
cucchiaino di curcuma (o di curry o di semi di cumino)
1 cucchiaio
di shoyu (salsa di soia)
pane
grattugiato
Cuocete il
riso integrale con l’acqua o il brodo (almeno 60-70 minuti, fuoco molto basso,
pentola sempre coperta, mai mescolare). Lasciatelo raffreddare. Unitelo in una
terrina con le verdure finemente tritate, gli aromi, la farina di ceci, un
cucchiaio d’olio e, se serve, un po’ di pane grattugiato. Insaporite con lo
shoyu. Fate delle palline come una grossa noce, rotolatele nel pane grattugiato
e appoggiatele ordinatamente su una piastra unta. Passatele in forno ben caldo
(200 °C) per 30-40 minuti. A metà cottura giratele con delicatezza. Servitele
adagiandole su qualche cucchiaio di salsa di zucca e porri (semplice semplice:
tagliate le verdure a tocchetti, fatele stufare in un cucchiaio d’olio a fuoco
bassissimo e a pentola coperta finché sono ben morbide; insaporite con un
pizzico di sale; con il frullatore ad immersione ricavatene una crema) e
accompagnatele con una insalata di radicchio rosso. Una festa anche per gli
occhi.
(Dalla mia rubrica Vegetariando, sulla rivista Vita e Salute)
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