Il tempo è denaro? Sembrerebbe proprio di sì. Almeno in cucina.
Il tempo che
gli italiani dedicano alla cucina continua a ridursi. Oggi, secondo una
indagine dell’istituto di ricerca GPF, ogni famiglia dedica alla preparazione
del pranzo e della cena poco più di 30 minuti. Più che per un piatto di
spaghetti aglio e olio oppure per scartare una confezione di stracchino o di
salumi preaffettati, sembrerebbe non esserci tempo per altro. Diventa allora
inevitabile il ricorso sempre più frequente e massiccio ai piatti precotti e surgelati,
alle insalate cosiddette della “quarta gamma” (già mondate, lavate e pronte per
essere condite), allo scatolame. E anche, inevitabilmente, a prodotti freschi,
ma che non richiedano complicate e lunghe manipolazioni, lavaggi e cotture. Per
gli stessi motivi, il consumo di salumi e formaggi diventa per molti abitudine
(necessità) quotidiana. Di fatto, in molte famiglie gli spinaci freschi sono
solo un ricordo di gioventù, i carciofi ripieni sono assai graditi (ma solo
quando li cucina la nonna), la preparazione di una semplice besciamella sfugge
ormai alle ridottissime competenze culinarie. Le conseguenze sono intuitive e
non hanno bisogno di grandi spiegazioni: il costo della spesa lievita, la
qualità scade in proporzione, la quantità di rifiuti da imballaggi aumenta, la
soddisfazione a tavola tende a zero (e la salute ne soffre). Se vi ritrovate
(anche parzialmente) in questo scenario, provate a cimentarvi nella
preparazione casalinga di pane, pasta, yogurt, conserve e confetture (trovate
idee e suggerimenti anche su questo blog).
Le spese caleranno e, tra l’altro, la vostra autostima crescerà. Il che non
guasta mai.
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