Ricevo e pubblico:
DOMANDA
RISPOSTA
Il tempo trascorso dalla raccolta, la temperatura più o meno
elevata alla quale gli ortaggi sono stoccati, l’esposizione all’aria sono tutti
fattori che influiscono in modo considerevole sul contenuto vitaminico degli
ortaggi.
Chi riesce dunque a consumare ortaggi (e frutti) appena
colti e al giusto punto di maturazione non solo consuma alimenti con qualità
organolettiche impagabili, ma riesce a introdurre nell’organismo anche quantità
rilevanti di vitamine.
Se, al contrario, il momento e il luogo della raccolta sono
molto lontani, non solo la qualità organolettica è scadente, ma anche quella
nutrizionale è piuttosto compromessa. Insomma, la filiera corta (come si ama
definire oggi quello che l’umanità ha sempre ritenuto un valore: cioè consumare
alimenti di stagione e preferibilmente prodotti nel proprio territorio) paga.
Non solo in termini economici (se acquisto direttamente dal produttore, ad
esempio, non devo pagare il servizio del grossista), ma anche in senso
organolettico e nutrizionale.
Vediamo, a questo proposito, qualche dato interessante.
Gli spinaci biologici appena raccolti contengono circa 70
mg/100 g di vitamina C. Se il giorno stesso vengono stufati (cioè cotti con un
metodo che riduce al minimo la dispersione delle vitamine), arriverà nel nostro
piatto il 70% di quella vitamina.
Se prendiamo in considerazione la stessa quantità di spinaci
non di coltivazione biologica, questi contengono all’origine circa il 15% in
meno di vitamina C (cioè 55-60 mg/100 g). Supponiamo inoltre che questo
ortaggio, nel passaggio dal campo al banco del fruttivendolo, sia mantenuto per
24 ore a temperatura ambiente e che sia infine conservato per altri 3-4 giorni
in frigorifero prima di essere cotto in acqua. Se l’acqua di cottura non sarà
in qualche modo recuperata, la quantità di vitamina C che arriverà nel nostro
piatto sarà poco più del 30% di quella iniziale (circa 18 mg).
Risultati simili si ottengono se consideriamo un vegetale
più resistente come le patate.
Se le patate sono consumate nei mesi autunnali (lessate con
la buccia), arriva nel nostro piatto circa il 70% della vitamina C presente nel
tubero al momento della raccolta. Se le stesse patate sono cotte e mangiate
dopo diversi mesi dalla raccolta (nella primavera successiva), la vitamina C
che rimane nell’alimento è solo il 30% di quella iniziale.
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