Esiste nel nostro immaginario collettivo e nella medicina
tradizionale e popolare una curiosa relazione tra fegato e primavera. Una
relazione che rimane ben salda, nonostante i cambiamenti profondi subiti dal
nostro stile di vita che, in molti casi, ha perso quasi del tutto il legame con
la terra e con i ritmi della natura. Questa tradizione suggerisce che
all’inizio della primavera è opportuno stimolare, aiutare e “disintossicare” il
fegato per assicurarsi un altro anno di salute.
Quali sono le origini di questa relazione?
Nessuno ha ancora dimostrato scientificamente che esista
quella relazione tra fegato e primavera che la tradizione dà invece per certa.
Tuttavia, i risultati della capacità di osservazione di chi ci ha preceduto non
sono poi così lontani da quello che la moderna fisiologia afferma in relazione
al funzionamento del fegato.
La medicina moderna ci dice che il fegato trasforma gli
elementi nutrizionali derivati dalla digestione intestinale (materiali grezzi e
non ancora utilizzabili come tali dall’organismo) in sostanze più raffinate
(aminoacidi, glucosio, trigliceridi, vitamine, ecc.), rendendole finalmente
disponibili per tutte le esigenze del corpo. Una attività che è facilmente
assimilabile alla capacità della terra, in primavera, di far nascere nuove
piante e, attraverso lo scorrere della linfa vitale, di rigenerare la natura
finalmente uscita dalla stasi invernale.
Per questo il fegato viene ritenuto un organo da stimolare
proprio all’inizio della primavera.
Come aiutare il fegato
Una certa riduzione della quantità di cibo
consumato giornalmente si rivela un primo provvedimento efficace per migliorare
la funzionalità epatica. D’altra parte, il digiuno è una tecnica terapeutica di
antica tradizione e, in varie forme, è proposta anche da diverse religioni
(come, ad esempio, nel periodo quaresimale o durante il ramadan) per propiziare
un rinnovamento (una nuova primavera) del corpo e dello spirito.
La natura aiuta
anche proponendo in questa stagione una varietà di erbe fresche commestibili
(tarassaco, cicoria, papavero, silene, ortica, ecc.) e di germogli (luppolo,
vitalba, pungitopo, ecc.). Sono tutte piante delle quali vale la pena di
approfittare perché ricche di vitamine, sali minerali, oligoelementi, ormoni
vegetali e sostanze stimolanti che costituiscono preziose risorse, necessarie
al fegato e all’organismo per far “correre” al meglio le reazione metaboliche,
innanzitutto quelle di disintossicazione.
Due importanti
aiuti naturali: il lievito di birra e il rosmarino
Il lievito è una
fonte straordinaria di vitamine (contiene tutto il complesso B e
la vitamina E), è ricchissimo di proteine ad alto valore biologico (circa il
50% del peso secco), apporta all'organismo una notevole quantità di minerali e
di oligoelementi (calcio, fosforo, potassio, magnesio, ferro, rame, silicio,
stagno, alluminio...).
Il lievito è
dunque un vero e proprio attivatore del metabolismo, essenziale nel processo di
disintossicazione dell’organismo, per stimolarne la vitalità e migliorarne
l’adattamento al cambio di stagione. Il lievito si è inoltre dimostrato
particolarmente utile nelle steatosi epatiche (quando cioè il fegato contiene
un anomalo deposito di grasso). Per la notevole ricchezza in proteine, il
lievito deve tuttavia essere escluso dalla dieta di uricemici e gottosi. Le
dosi per gli adulti: 6-8 compresse al giorno, durante i pasti. Per i bambini:
metà dose.
Il rosmarino,
oltre al tradizionale uso gastronomico, può essere impiegato in fitoterapia
perché aumenta il flusso biliare ed è quindi utile in caso di insufficienza
epatica e quando il fegato è grasso (steatosico). Il rosmarino inoltre
favorisce la digestione ed è un buon tonico generale. Potete utilizzarlo in
tisana (un cucchiaio di foglie fresche in infusione in una tazza di acqua
bollente per 15 minuti; da bere dopo pranzo e dopo cena) oppure sotto forma di
estratto idroalcolico (20-25 gocce di Tintura Madre, diluite con un po’ d’acqua
tiepida, dopo pranzo e dopo cena) per almeno 30 giorni.
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