mercoledì 24 giugno 2015

GRASSI SATURI: SI O NO? (CON RICETTE)



Cominciamo dall’inizio. Qualche tempo fa sulla rivista statunitense Time è stato pubblicato un articolo che sembrerebbe suggerire una decisa correzione di rotta alle abitudini alimentari consigliate da decenni da tutte le autorità sanitarie. Che scrive il giornalista? Basandosi su una revisione di studi che ridimensionerebbe il ruolo dei grassi saturi nell’origine delle malattie cardiovascolari e metaboliche, afferma a gran voce che evitare i grassi saturi (e quindi gli alimenti che ne contengono di più: molti salumi, formaggi stagionati, burro, lardo, margarine, ecc.) non sarebbe necessario per ridurre il rischio di malattie degenerative come diabete, patologie cardiovascolari, obesità, tumori. Il tutto corredato da toni enfatici e da un titolo (“Fine della guerra ai grassi”) destinati a colpire i lettori e a fare molto rumore (mediatico).

Tutto sbagliato?
Ohibò! Abbiamo dunque sbagliato tutto? E le linee guida delle autorità sanitarie internazionali, che consigliano con forza e da tempo di ridurre il consumo di grassi saturi, sono da buttare come teorie strampalate di scienziati antiquati? Teorie, dice tra l’altro il giornalista, dimostratesi ininfluenti nel migliorare lo stato di salute degli americani. In effetti, almeno negli Stati Uniti, in questi decenni nei quali si è combattuta una battaglia durissima contro i grassi saturi nella dieta, questi ultimi sono davvero diminuiti nel piatto, ma i nuovi casi di obesità, diabete e malattie cardiovascolari non si sono per niente ridotti. Anzi. Abbiamo dunque finora sprecato tempo e energie per tenerci aggiornati e per migliorare la nostra dieta? Le nostre convinzioni sono da buttare al macero? Dovremmo, come un tempo, riprendere a spalmare i panini dei nostri figli con abbondanti dosi di burro oppure ad integrare i minestroni di legumi con lardo e pancetta?

Ragioniamo! E riflettiamo
Calma! Facciamo un bel respiro e cominciamo a ragionare con la nostra testa. Ecco alcune considerazioni sulle quali vi invito a riflettere.
Punto primo. La rivista Time non è una rivista scientifica, ma una pubblicazione paragonabile, per linguaggio e pubblico, ai nostri settimanali. Le riviste scientifiche (alle quali spesso rimandiamo i lettori che seguono le nostre note) hanno un comitato di valutazione che fa le pulci agli articoli prima che vengono pubblicati. In queste riviste, inoltre, non manca mai l’avvertenza che quanto pubblicato non è la verità assoluta, ma è quello che quel ricercatore ha constatato nel suo lavoro. Che viene offerto alle considerazioni e alle esperienze dei colleghi scienziati per una conferma o una smentita. Tutto questo, ovviamente, non succede nei settimanali popolari.
Punto secondo. Se ai titolisti dei quotidiani e delle riviste si può perdonare una qualche semplificazione dei concetti, occorre ribadire che il compito dei titoli non è quello di informare, ma di colpire l’attenzione e l’immaginazione. In modo da sollecitare l’acquisto del giornale oppure di far rimanere più a lungo su un certo sito internet. Per questo non possiamo modificare i nostri comportamenti semplicemente leggendo i titoli (soprattutto quelli “gridati” e paradossali) dei quotidiani e dei settimanali.
Tenete poi conto (spiace dirlo, ma il mondo va così) che la stampa e i mezzi di comunicazione in genere, sia pure con le debite eccezioni (come la rivista che state leggendo), sono al servizio dei poteri economici. Per cui un titolo e un articolo come quello del Time potrebbero servire, ad esempio, per cominciare a creare una certa sensibilità (e quindi un nuovo mercato) per altri prodotti alimentari, diversi e alternativi a quelli già in commercio. Magari, questa volta, arricchiti con una quantità appropriata di “salutari” grassi saturi per fare concorrenza agli alimenti “senza grassi”, “light”, “leggeri”, ecc., ormai commercialmente troppo sfruttati, non più in grado di risvegliare interesse e di suggerire nuovi sogni ai consumatori.

Considerate il tutto
Punto terzo. È probabilmente del tutto sbagliato giudicare la salubrità o l’adeguatezza di una dieta prevalentemente in funzione della presenza di un singolo nutriente. Sia esso una certa vitamina, uno specifico minerale oppure i grassi (magari saturi o, come succede oggi, polinsaturi). Si rischia, in questo modo, di prendere solenni cantonate. Come è successo ai nutrizionisti statunitensi che si sono sgolati per decenni contro la presenza di grassi saturi nella dieta. Mentre poco hanno detto e fatto per introdurre frutta e verdure fresche, legumi, cereali integrali e noci nel piatto dei loro concittadini. Con il risultato sopra ricordato: oggi gli americani consumano meno grassi di 30 anni fa, ma si ammalano comunque di obesità e di diabete perché hanno aumentato il consumo di calorie, di zucchero e di cereali raffinati. Muovendosi sempre troppo poco. Bel risultato davvero, non vi pare?

In definitiva
Possiamo dunque rassicurare i nostri lettori. La scienza non ha cambiato strada e non si prevede, almeno nel campo dell’igiene nutrizionale, nessuna inversione a 180 gradi delle linee guida ben note. Che continuano prevalentemente a suggerire o a sconsigliare il consumo di alimenti (frutta, ortaggi, cereali integrali, formaggi, carne, ecc.) piuttosto che di singoli nutrienti (grassi, carboidrati, proteine, ecc.). Certo, per esigenze di chiarezza o per poter approfondire determinati aspetti, può essere utile talvolta dilungarsi su aspetti particolari. Ma senza perdere di vista la qualità complessiva della dieta e soprattutto dello stile di vita.

In sintesi
La dieta raccomandata per la prevenzione delle più importanti malattie croniche e degenerative è ancora quella che comprende generose quantità di ortaggi (crudi e cotti), frutta di stagione, cereali integrali, legumi e semi oleosi. Tutti questi cibi, tra l’altro, contengono quantità trascurabili di grassi saturi. Altri alimenti come carne, pesce, latticini e uova andrebbero ridotti come frequenza e quantità. Fino alla loro totale esclusione per chi sceglie diete vegetariane o vegane. Le quali, opportunamente organizzate, sono salutari e adatte a tutti (consultate il documento dell’American Dietetic Association su www.scienzavegetariana.it). Non va dimenticato, infine, che la buona dieta, adeguata anche come quantità alle effettive esigenze di ciascuno, deve essere accompagnata dall’attività fisica possibilmente giornaliera, da un riposo adeguato e dalla cura del proprio equilibrio psichico e emotivo.


Attenzione alla tabella!

Se facciamo coincidere la salubrità e l’equilibrio della nostra dieta esclusivamente soppesando la presenza più o meno abbondante di un certo nutriente, rischiamo di ottenere risultati paradossali. Come adottare abitudini alimentari poco salutari e escludere dal nostro piatto alimenti che, nella giusta misura, sono indispensabili. Oppure, al contrario, consumare con disinvoltura cibi (magari con basso contenuto di grassi saturi) che la ricerca internazionale associa ormai senza più dubbi al rischio di sviluppare patologie croniche e degenerative (obesità, tumori, diabete, cardiopatie). Come lo zucchero, ad esempio, che non contiene grassi, ma il cui consumo eccessivo (circa 80 g al giorno in Italia!) porta verso le patologie appena ricordate. Oppure potreste avere dei dubbi sull’olio extra vergine d’oliva che, con il suo 15% di grassi saturi, ne contiene più del salame (10%) e del prosciutto cotto (5%). Eppure c’è un unanime accordo scientifico nel ritenere l’olio d’oliva un grasso salutare e le carni lavorate (come i salumi) un alimento il cui consumo andrebbe fortemente disincentivato. Divertitevi a trovare altri esempi paradossali scorrendo le tabelle ufficiali sulla composizione degli alimenti dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (www.inran.it). E soprattutto tenete la mente aperta e sveglia.


RICETTE

Le ricette che seguono, anche quelle più elaborate e che tradizionalmente sono realizzate con gli apparentemente indispensabili latte, formaggi e uova contengono esclusivamente ingredienti e grassi di origine vegetale. Senza che il gusto e la gioia della tavola ne abbiano a risentire. Anzi! Buon appetito.

Crespelle al radicchio rosso

Per il ripieno:
500 gr di radicchio rosso
una cipolla
un cucchiaio di aceto di mele
Peperoncino
Sale

Per le crespelle:
150 g di farina semintegrale (tipo 2)
50 g di farina di ceci
200 g di latte di soia
olio extravergine d’oliva
sale

Per la besciamella:
3 cucchiai di farina semintegrale (tipo 2)
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
300 g di latte di soia o di avena
un pizzico di noce moscata
sale

Preparate la pastella per le crespelle. Setacciate in una terrina le farine di frumento e di ceci, aggiungete un cucchiaio d’olio, un pizzico di sale e, sempre mescolando, diluite con il latte vegetale. Importante: lasciate riposare per 30 minuti.
In una padella antiaderente del diametro di 20 cm versate qualche cucchiaio del composto per coprire tutto il fondo e fate cuocere prima da un lato e poi dall’altro. Mano a mano che le crespelle sono pronte (ne dovreste ottenere otto), impilatele su uno strofinaccio pulito.
Lavate e asciugate il radicchio e tagliatelo a pezzi grossolani. Tritate la cipolla. Mettete le verdure tritate in una padella con un po’ d’olio e fatele appassire per circa 15 minuti. Bagnate con l’aceto, regolate di sale e peperoncino e continuate la cottura per altri 10 minuti.
Per la besciamella, mettete l'olio in una piccola pentola con un fondo spesso. Accendete il fuoco e aggiungete la farina, mescolando con un cucchiaio di legno finché la farina si sia leggermente tostata. Aggiungete il latte vegetale poco alla volta, sempre mescolando con una certa forza per non formare grumi. La besciamella deve sobbollire per qualche minuto e diventare molto cremosa e densa. Togliete dal fuoco, aggiungete il sale e la noce moscata. Unite metà della besciamella al radicchio e con questo composto farcite le crespelle. Arrotolatele e adagiatele in una pirofila preventivamente unta. Coprite il tutto con la besciamella rimasta e infornate a 220 °C per 15 minuti.


Crostoni con cannellini e crema di funghi

8 fette di pane integrale
400 g di fagioli cannellini già cotti
3 cucchiai di olio extravergine d'oliva
una decina di funghi champignon
Uno spicchio d’aglio
Un cucchiaio di prezzemolo tritato
sale

Pulite e affettate i funghi. Metteteli in una padella con un cucchiaio d’olio, l’aglio tritato e un pizzico di sale. Fateli cuocere per una decina di minuti a pentola coperta. Unite il prezzemolo e frullate il tutto per ricavarne una crema. Frullate separatamente anche un terzo dei fagioli e regolate di sale. Mescolate i cannellini interi con la crema di funghi.
Tostate nel forno le fette di pane. Velate i crostoni con la crema di cannellini e completate con qualche cucchiaio del composto di fagioli e crema di funghi.

Aïoli

200 g di tofu
2 spicchi di aglio
un cucchiaio di succo di limone
4 cucchiai di olio
sale

Ecco una interessante rivisitazione della classica salsa francese, troppo ricca di grassi animali (è fatta con il tuorlo d’uovo). Mettete il tofu, il succo di limone, l'aglio sbucciato e il sale in un frullatore e aggiungete l'olio goccia a goccia. Ne uscirà una sorta di ottima maionese tutta vegetale, eccellente da spalmare su crostini di pane integrale.

(Da un mio articolo pubblicato sulla rivista Vita e Salute)


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